[fanfiction e originali] Let's Cliché!

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Setsy
00martedì 27 aprile 2021 20:03
tranquilla, cara, hai fatto già un lavorone😍
BessieB
00martedì 27 aprile 2021 20:05
Ma tranquilla, noi ti aspettiamo 😍
Arlie_S
00martedì 27 aprile 2021 23:15
Figurati _Vintage_, prenditi pure tutto il tempo che ti serve! 😊
_Vintage_
00giovedì 29 aprile 2021 09:41
Ok ragazzi, proroga richiesta, la nuova data di consegna risultati è il 18 Maggio.
Cercherò di fare il prima possibile! 😘
Setsy
00mercoledì 5 maggio 2021 21:45
carissima, sei ad un ottimo punto..scusa se ti disturbo con questa domanda
ma la storia di Layel_ è sempre squalificata come appare nella legenda? perchè mi pare che l'avesse sistemata subito, anche se non è passata ad avvisare..non so. scusa davvero, mi sono preoccupata che magari debba essere in gara e scopra alla fine di essere esclusa
un bacio!
_Vintage_
00domenica 16 maggio 2021 20:24
Re:
Setsy, 05/05/2021 21:45:

carissima, sei ad un ottimo punto..scusa se ti disturbo con questa domanda
ma la storia di Layel_ è sempre squalificata come appare nella legenda? perchè mi pare che l'avesse sistemata subito, anche se non è passata ad avvisare..non so. scusa davvero, mi sono preoccupata che magari debba essere in gara e scopra alla fine di essere esclusa
un bacio!



Ciao Setsy, perdona l'incredibile ritardo, ma sto avendo tantissimi problemi con le notifiche - non capisco perché non mi arrivano più, perciò questo messaggio è passato in sordina 😱😱. Scusa ancora.
Per quanto riguarda la storia di Layel_, purtroppo all'avviso da parte dell'amministrazione fino allo scoccare delle ore canoniche per sistemare la storia, non ho ricevuto nessuna comunicazione da parte di Layel_ e ho controllato costantemente il suo profilo autore per controllare che l'intro fosse sistemata, ma fino alla scadenza non è stato fatto.
Credimi, dispiace un sacco anche a me, fosse dipeso da me l'avrei cercata in lungo e in largo, ma purtroppo secondo regolamento ogni messaggio inerente al contest deve passare tassativamente da questa discussione, perciò ero impossibilitata a contattarla in altro - era un argomento che avevo già chiarito anche con la stessa partecipante sempre qui in discussione ^^.
Spero di averti chiarito i dubbi, un bacione!
_Vintage_
00domenica 16 maggio 2021 20:28
Ragazzi buonasera a tutti!
Passo velocemente a comunicarvi che vi ringrazio per la pazienza e che sono riuscita finalmente a concludere la valutazione di tutte le storie - era anche ora, me la sono presa comoda 😅, perdonatemi!
Comunque sia, mi prenderò domani per stilare la classifica e darmi una rilettura generale delle valutazione, sperando siano di vostro gradimento!
A prescindere da chi vincerà, vi giuro che le ho adorate tutte, siete stati fantastici sul serio questa volta - si vede che i cliché sbrigliano l'immaginazione, a quanto pare 🤩.
A prestissimo!
_Vintage_
00martedì 18 maggio 2021 14:35
Ragazzi buon pomeriggio a tutti, volevo avvisarvi che ho finalmente finito i giudizi, ho stilato la classifica ed entro stasera vi posterò tutto, finalmente!
Essendo le storie tante, ci metterò un po' a sistemare qui in discussione, appena vedete che inizio a postare i giudizi vi pregherei di non commentare fin quando non vedete apparire il primo classificato - solo per dare continuità alla classifica e avere tutto più sottomano, tutto qui.
Vi avviso che i parametri che ho utilizzato per valutare la grammatica questa volta li ho proprio esplicitati per eventualmente risolvere dubbi che vi sorgono nell'osservare i punteggi - d'altronde può capitare.

Sono rispettivamente:
. -0,10 per errori di distrazione, battitura, sviste (cane al posto di pane, tanto per intenderci), errori di carattere ortografico minore.
. -0,20 per errori inerenti alla consecutio temporum, quindi sviste temporali, sia per quanto riguarda i modi, che i veri e propri tempi verbali.
Non ho penalizzato, invece, errori inerenti all'impaginazione, ma per un motivo piuttosto semplice: non so a voi, ma a me ultimamente l'editor di testo sta dando i numeri, e non mi sembrava corretto penalizzarvi su qualcosa in cui non c'entrate niente.

Bene, detto questo, stasera appena torno a casa mi metterò all'opera e cercherò di fare il prima possibile, so che avete dovuto aspettare tanto e non era mia intenzione, ma ci tenevo a fare un bel lavoro, soprattutto per voi e le vostre storie, che ho trovato davvero all'altezza dei cliché 😍. Siete stati grandiosi, davvero.

A stasera!
Soul Mancini
00martedì 18 maggio 2021 16:44
Aaah me molto curiosa *-*
Ci vediamo stasera ♥
Setsy
00martedì 18 maggio 2021 18:32
anche io sono super curiosa 🐭
_Vintage_
00mercoledì 19 maggio 2021 01:36
Al via con le valutazioni!
Ed eccomi, in stra ritardo per colpa del lavoro ed anche un po' per colpa di quel maledetto Excel, perché ho impiegato una vita a mettere le valutazione tutte belle in riga - sì, sono completamente pazza!
Perciò è notte, anche se spero di ricevere presto notizie vostre per eventuali chiarimenti o considerazioni!
Spero di riproporre presto questo contest, nel frattempo godetevi pure le valutazioni!
_Vintage_
00mercoledì 19 maggio 2021 01:38
19° Classificata - REDENZIONE DI ANATRA.VALERIA

- Grammatica e stile: 6.4/10
Il testo, essendo piuttosto lungo, presenta alcuni errori ortograficamente di poco conto, alcuni di battitura e distrazione, ma la cosa più penalizzante è la presenza di tempi coniugati non sempre ottimamente. Qui di seguito ti lascio uno specchietto degli errori più evidenti ed esplicativi:
[…] quando vedevano che le nubi grigiastre coprire la volta stellata […] C’è un che esplicativo che in realtà non serve, visto che rendi la frase subito dopo implicita: vedevano le nubi grigiastre coprire la volta stellata oppure vedevano che le nubi grigiastre coprivano la volta stellata. -0.10
[…] Era vero che Nuova Varnikem venisse sommersa da pesanti nubi, il cielo veniva ricoperto da un velo nero e la luna non era più visibile per l'intera settimana. […] Qui c’è un errore: in questa frase vanno bene sia il congiuntivo che il trapassato remoto, tuttavia va scelto uno dei due e portato fino alla fine – quindi i due verbi a seguire dopo venisse sommersa devono essere concordati al congiuntivo. -0.40
[…] aveva gran che senso […] In questa frase granché è tutto attaccato. -0.10
[…] in quando anche loro avevano costruito sul letto del fiume […] Errore di battitura, in quanto, e manca il punto alla fine della frase. -0.20
[…] ma un po' più alto degli altri […] Manca il punto alla fine della frase. In realtà ho notato che questa svista ti capita per parecchie volte in tutta la storia, e per me sarebbe impossibile sottrare -0.10 ogni volta, per cui per questa svista ho preferito sottrarti -1, tenendo conto della frequenza con cui questo errore si ripete.
[…] ora spalancavano le fauci […] L’avverbio ora viene espresso nella contemporaneità, a meno che non sia una sequenza correlativa ora… ora…. Ho notato che è un errore molto frequente all’interno di tutto il racconto, ma non l’ho penalizzato ogni volta che l’ho trovato. -0.20
[…] non capirono chi era e che fine avessero […] Quel chi era andrebbe sostituito con il più corretto congiuntivo: chi fosse. -0.20
[…] il sorriso in un espressione tesa […] Errore di battitura, manca un apostrofo tra un ed espressione – errore che si riscontra più volte durante la lettura. -0.10
[…] serrò i pugni Logan, e guardò con estrema durezza Logan […] Qui c’è un errore di distrazione, intendevi dire Cyndonia credo. -0.10
[…] Il capelli erano stretti in una coda alta […] Errore di distrazione, i capelli. -0.10
[…] In fondo con credevi […] Errore di battitura, non credevi. -0.10
[…] correre a predi fiato. […] Errore di battitura, a perdifiato. -0.10
[…] il quale senza alcuna esitazione esitava […] Questa frase probabilmente doveva esser formulata in maniera diversa, giacché non si può esitare senza alcuna esitazione. -0.10
[…] Logan cercava di riprendere le proprie forse […] Errore di battitura, forze. -0.10
[…] «Non è una scusa per esercitarti» […] Manca la doppia negazione per affermare. Dato che Cyndonia farebbe meglio a esercitarsi, la forma corrette sarebbe non è una scusa per non esercitarti. -0.10
[…] tu sarei un folle se credi che questo mi fermerà […] Errore nella forma verbale, tu saresti un folle. -0.10
[…] Allenarsi da i suoi frutti prima […] Il verbo dare, espresso alla terza persona singolare, va impiegato con l’accento, dà. -0.10
[…] Logan con quanto più fiato avessi in gola […] Errore di battitura, avesse. -0.10
[…] Si lascio scivolare di sotto […] Errore di battitura, si lasciò. -0.10
[…] a soccorrere l'insoccorribile […] La parola insoccorribile non esiste nel lessico odierno, ma può essere sostituita con dei termini come irrecuperabile, o l’incurabile. -0.10
[…] s'era alza in piedi […] Errore di battitura, s’era alzata. -0.10

Lo stile, seppure avvalendosi di una buona punteggiatura, risente molto dell’aspetto grammaticale, che a lungo andare affatica molto l’occhio a causa dei vari errori che, anche se nel complesso dovuti alla distrazione o alla battitura, disseminano qua e là il testo d’imprecisioni – questo vale anche, per esempio, per il punto e a capo che spesso viene saltato.
Comprendo perfettamente che si trattasse di una mini-long e che fosse complicato gestire il tutto, perciò capisco benissimo la fatica di tenere tutto assieme.
È un peccato per la presenza di alcuni errori un po’ grossolani che, magari con una rilettura in più, sicuramente ti sarebbero saltati all’occhio.
Nonostante questo, tuttavia, lo stile si presenta sempre fedele a sé stesso, ed in alcuni punti si apprezza moltissimo la linearità della narrazione, oltre che degli aspetti descrittivi – per esempio come delinei con minuzia di particolari l’ambientazione. Da questo punto di vista è stato fatto un buon lavoro.

- Caratterizzazione dei personaggi: 8/10
La caratterizzazione è abbozzata in qualche modo, ma senza un reale approfondimento dei personaggi: si delineano in maniera piuttosto sommaria i caratteri di Logan, Cyndonia, Rea, ma non la definirei una vera e propria caratterizzazione, o introspezione. Questo è dovuto ovviamente alla precedenza della narrazione sulla storia: era un racconto d’azione, nel senso che non aveva la prerogativa principale di parlare di questi personaggi, tuttavia sarebbe stato molto interessante vederli approfonditi in qualche maniera, soprattutto il ruolo di Logan, che ai fini della storia risulta fondamentale.
Il succedersi degli eventi, se da un lato comincia in maniera mite e quasi in punta di piedi, a partire dal primo capitolo diviene molto frenetico e il lettore non riesce ad apprezzare a sufficienza questi protagonisti, troppo impegnati ad osservare impotente lo svolgersi degli eventi: capiamo che Logan è un mago, ma che tipo di mago? Fa l’ammazzademoni? E Cyndonia che ruolo gioca all’interno di questa collaborazione? E Rea, perché è diversa dagli altri e perché Leon la conosce?
Ci sono tante domande che il lettore inizia a porsi e che non trovano risposta – almeno non in questa storia – e purtroppo il racconto finisce prima che si possa davvero risolvere l’intreccio.
Avrei preferito osservare qualcosa in più di queste personalità così interessanti, come d’altro canto capire di più sulla figura di questo Leon, comprendere chi fosse, chi era stato prima di diventare il mostro che Logan s’era prefisso di uccidere. E mi ha incuriosita tantissimo anche la figura di Svart, che però non ho ben capito chi fosse e perché si trovasse lì – forse c’è un prequel di questa storia che spiega e fornisce delucidazioni in merito?
Sarò onesta, questa storia avrebbe meritato molto di più, però sembra come il proseguo di qualcosa di già pubblicato e che è divenuto una somma di momenti lasciati in disparte fino a questo momento. Oddio, se ci fossero altre storie di Logan e Cyndonia le leggerei più che volentieri, soprattutto per togliermi i dubbi che mi sono rimasti, anche se devo essere onesta e ammettere che in linea di massima il lettore riesce comunque a farsi un’idea dei rispettivi caratteri, seppur questo rimanga più una supposizione che un’introspezione vera e propria.

- Utilizzo del cliché: 13/15
Il cliché era il non-morto, e questo è stato sicuramente un parametro più che rispettato. Da un certo punto di vista, non mi aspettavo che scegliessi il contesto fantasy-mistero: non ci avevo pensato, ma questo luogo comune si sposa davvero bene con questo genere letterario.
E in questo caso il non-morto è proprio questo Conte di cui non si comprende praticamente nulla, un’entità che riecheggia nel vuoto e che sembra solo mietere vittime e terrore, mentre s’appropria della vita di altre persone per renderle sue schiave.
Il conte è un personaggio poco approfondito, tuttavia piuttosto macabro: Logan sembra averlo già incontrato in passato, ma non ne spiega l’incontro e tutto viene lasciato all’immaginazione del lettore.
Avevo concepito questo cliché come accade nei tipici romanzi gialli, quando qualcuno finge di essere morto per essere, per esempio, un’altra persona, ma il caso da te scelto è sicuramente più originale, perché ci parli letteralmente di un non-morto, qualcuno che proprio non può morire. In questo senso, sarebbe stato interessante sapere che metodo avrebbero utilizzato per poterlo uccidere, esplicando così un dubbio che assale il lettore fin dalle prime righe della lettura.
L’atmosfera del racconto fornisce un’ulteriore prova di quanto questa scelta sia stata giusta: l’ambiente cupo, le due città e questo limbo in cui dimora il conte, che sembra l’accesso all’inferno, i bambini che non torneranno più a casa, tutto sembra intarsiato di questi toni cupi, macabri che permeano tutta la storia, rendendola molto più plastica, realistica.
È un peccato, tuttavia, che non vi sia un ulteriore approfondimento sotto questo aspetto: il conte è un antagonista evidente, eppure non si comprendono le sue ragioni, il perché sia divento quello che è diventato, e ciò sminuisce di un filo la figura del cliché da te scelto.
Nonostante questo, tuttavia, mi è piaciuto quello che ho letto in merito a questo parametro, per cui per quanto mi riguarda il punteggio rimane comunque più che soddisfacente.

- Gradimento personale: 4/5
Questa storia aveva ed ha un potenziale davvero grandioso, vorrei poter approfondirne i personaggi e soprattutto la storia di questo conte così misterioso e, a tratti, invincibile. Sicuramente ci sono stati degli aspetti che mi hanno sorpresa più di altri – l’impiego del cliché, per esempio – e parametri che invece mi hanno lasciato interdetta un po’ di più, ma nonostante questo mi sono reputata piuttosto soddisfatta del tuo racconto.
Mi piacerebbe soffermarmi anche sull’aspetto paesaggistico e chiederti se farai un continuo – o se già c’è – di questa storia, perché mi piacerebbe sapere se ci fosse un proseguo o comunque un qualcosa inerente ad esso. Ho tanti dubbi che mi attanagliano la testa – per esempio, come si conoscono Logan e Svart? E cos’è questa guerra di cui parlano?
Insomma, domande che ormai necessitano di una risposta. La tua storia è meravigliosa, da questo punto di vista sembra una vera e propria quest romanzesca, sarebbe sprecato lasciarla alle ortiche così, senza qualcosa che espleti al meglio queste tue ambientazioni, questi tuoi personaggi.
Per cui sì, la tua storia mi è piaciuta molto, spero di poter sentire parlare ancora dei tuoi protagonisti!

Totale: 31.4/40

_Vintage_
00mercoledì 19 maggio 2021 01:39
18° Classificata - SACRIFICIO DI MARIAM_KASINAGA

- Grammatica e stile: 9.6/10
Ho riscontrato due piccoli errori, te li segnalo:
[…] bastava un errore, un singolo passo falso per diventarne le prossime vittime. […] Quel diventarne possiede un ne enclitico che funge da complemento oggetto, quindi andrebbe omesso in quanto c’è già un complemento oggetto, le prossime vittime. -0.20
[…] un insondabile formula matematica […] Manca un apostrofo, inquanto insondabile si riferisce al femminile, quindi un’insondabile formula matematica. -0.20

Per quanto riguarda lo stile, esso si presenta lineare, semplice, strutturalmente corretto. Ho notato che fai un largo uso della struttura paratattica, avvalendoti di punti e virgola e punti fermi, i due punti per introdurre l’esplicativa. Di per sé questo non è affatto un problema, al contrario per la storia che tratti ha sicuramente una valenza importante, ma la lettura risulterebbe molto più scorrevole e meno “spezzata” – per così dire – se facessi uso anche delle subordinate, che in certi casi potrebbero sveltire la lettura, invece che rallentarla. A parte questo, ho trovato la lettura piacevole e la storia, in generale, ben scritta, ottima anche la punteggiatura. Brava.

- Caratterizzazione dei personaggi: 5/10
È forse il punto più dolente all’intera storia, e passo subito a spiegarti il perché di questo punteggio. In realtà, seppure nella brevità, non è detto che non si riesce a fare una buona introspezione dei personaggi – certo, spesso ci si aiuta scrivendo di un fandom, poiché il lettore comprende facilmente il carattere del personaggio, perché in parte già lo conosce. Tuttavia, nella mia esperienza da giudice, ho notato che molti riescono a fare un eccellente lavoro anche nelle originali, seppure non lunghe abbastanza da sottolineare ogni singolo aspetto del protagonista.
Nel tuo caso, è evidente che tu abbia dato la precedenza alla narrazione, piuttosto che alla resa di ciascun personaggio. Il lettore sa che Martina e Ilaria sono amiche inseparabili, fin dai primi istanti di lettura. Può anche facilmente intuire che Ilaria sia forse la ragazza più sicura di sé, più forte, mentre Martina presenta un filo d’insicurezza che la porta a dubitare di sé stessa. A parte, tuttavia, questi piccoli sprazzi che il lettore intuisce disseminati qua e là per la storia, non ho riscontrato un vero e proprio approfondimento delle protagoniste – ripeto, in parte perché hai scelto di dare giustamente spazio alla narrazione, in parte per la lunghezza della storia, che non ti ha permesso di approfondire più di tanto questo parametro. A ciò si aggiunge che la storia è stata scritta con l’intento di ribaltare la situazione finale, in una sorta di parodia, quindi capisco perfettamente che l’intento della storia non fosse fornire un’adeguata introspezione delle protagoniste, quanto piuttosto sconvolgere le aspettative del lettore sul finale – sotto questo aspetto, ci sei riuscita in pieno!
Mi dispiace per il punteggio, ma tutto sommato una mera intuizione dei loro caratteri è possibile, anche se non propriamente adeguata.

- Utilizzo del cliché: 13/15
L’utilizzo del cliché c’è e, seppur nella brevità della storia, viene impiegato in maniera del tutto originale! L’idea di sacrificio porta sempre con sé un senso struggente della vicenda, un amore incondizionato per la persona che s’intende salvare e, in questo caso, prendi me al suo posto è un cliché che si tinge di tinte farsesche, improprie, parodistiche e irrisorie, così tanto da capovolgere la situazione finale, suscitando nel lettore un’inaspettata risata. Devo dire che in questo ti ha anche molto aiutata lo stile spezzato di cui ti accennavo prima: con quelle frasi brevi, sembri voler soppesare la situazione iniziale, creando un’atmosfera fosca e poco chiara. L’utilizzo della pioggia, questi “mostri” di cui parli all’inizio sembrano portare il lettore in un romanzo urban fantasy a tinte fosche, caricando di suspense la vicenda, che infine si apre con l’utilizzo di una singola frase.
Ti giuro, mi ha fatto morire dalle risate, e l’utilizzo del cliché l’ho trovato adorabile in questo contesto – perde tutta la sua carica emotiva per essere la semplice immolazione di un’amica nell’atto di salvarne un’altra. Davvero, una struttura ben delineata ed efficace per l’intento che vuole dimostrare! Unico neo, se proprio dobbiamo trovarne uno, è che anch’esso, per essere d’effetto, perde i suoi connotati principali e non viene – ovviamente – approfondito, in quanto impiegato solamente per creare il colpo di scena.
A parte questo, brava davvero!

- Gradimento personale: 4/5
La storia, di per sé, mi è piaciuta molto. L’ho trovata geniale, giuro che fino all’ultimo ho pensato: “Ma che saranno mai questi strani mostri che devono combattere Ilaria e Martina?”, salvo poi fare una delle mie solite facce da scema quando mi giocano un brutto tiro. E poi, beh, ovviamente ho riso un’ora, perché non me lo sarei mai aspettata. È una bella storia perché fa parte di quella ristretta categoria di racconti “ribaltati” dove c’è che è non s’evince subito, ma bisogna aspettare fino alla fine per capirlo. “Parlami di Alessandro Magno”. Giuro che ho dovuto rileggere questa frase tre volte per capire definitivamente che ciò a cui stavo assistendo era una semplice interrogazione, il che ha reso la scena ancora più comica.
Personalmente comprendo che l’intento parodico fosse al centro dell’intera vicenda, e anche la sequenza narrativa è stata di mio gradimento, per cui non ho davvero nulla da dire a questa tua storia, che si presenta e finisce benissimo, imitando alla perfezione una commedia degli equivoci. Ed equivocare, in questo caso, era più che lecito!
Bravissima, mi sono divertita a leggerla e sono rimasta sorpresa, per cui complimenti, era un po’ che non mi stupivo così di fronte ad una storia!

Totale: 31.6/40
_Vintage_
00mercoledì 19 maggio 2021 01:40
17° Classificata - UNBOUND DI STAGTREE

- Grammatica e stile: 9.5/10
Dal punto di vista grammaticale questa storia è PERFETTA. Ti dirò, sul parametro grammatica sono di un pignolo assurdo, tendo sempre a esagerare e a segnalarti pure il singolo respiro che non va bene. Non è il caso di questa storia, l’avrò letta forse otto-nove volte, ma niente, non trovo un singolo errore, neanche il più minuscolo. Perciò sono davvero felicissima di questo.

Il parametro stile, tuttavia, ho dovuto penalizzarlo. Di per sé ho adorato il tuo modo di gestire la storia, con una sorta di frenesia che mi ha permesso di godere appieno l’urgenza dei due personaggi, la rabbia, la frustrazione per qualcosa che entrambi non possono avere. Però ammetto di aver dovuto rileggere alcuni passaggi alcune volte per comprendere chi stava parlando a chi, soprattutto nella scena narrativa in cui appare Armin e le parole della narrazione si mescolano alle sequenze dialogate. Con questo non voglio dire che sia sbagliato il tuo modo di aver reso la storia, ma solo che potrebbe confondere alcuni lettori – tipo i tardoni come me, per esempio.
Tenendo conto che si sta parlando di una storia che merita sotto ogni punto di vista – è stata straordinaria – forse sottolineare almeno le sequenze dialogate avrebbe dato più spessore allo stile, che in alcuni passaggi ho trovato magnifico, specie alcune immagini suggestive: […] E allora c'è una comprensione reciproca, un'intesa triste, triste impresa, fallite imprese – calde, ferventi, scaglie di carbone che fuggono dal fuoco […] […] slegati entrambi dal tepore confortante di un bacio che tappa le crepe, finge che non esistano. […] Queste sono solo alcune delle frasi che incornicerei, così belle, così tremendamente profonde d’avermi scossa profondamente.
Tuttavia, in linea di massima, la freddezza dello stile ricalca perfettamente il dolore dei tuoi protagonisti, per cui va bene così.

- Caratterizzazione dei personaggi: 9/10
Allora, qui avrei talmente tante cose da dire che comincio con la più semplice: una caratterizzazione approfondita non è presente in maniera completa all’interno del racconto, un po’ per la sua brevità e un po’ perché la storia racconto un particolare momento, un episodio che scuote i due protagonisti di questa vicenda – dove in realtà Armin mi appare un po’ in secondo piano rispetto a Jean, che invece fa da personaggio principale.
È tutto un turbinio di emozioni, sensazioni, tanto che non si comprende bene dove inizia uno e finisce l’altro, forse proprio perché hai voluto in qualche modo unirli persino negli umori, nel loro modo di rapportarsi ad un amore non corrisposto. È forse il parametro più interessante sotto questo aspetto, perché Jean e Armin non fanno altro che trovare l’uno nelle braccia dell’altro un confine sottile tra volere e accontentarsi, tra appagamento e frustrazione.
E questa ambivalenza di significato prosegue per tutta la storia, senza chiarire le motivazioni dell’uno e dell’altro, quasi come fossero un tutt’uno nel dolore, nella rabbia, nello sgomento. La frustrazione che provano è tangibile, fa quasi male: perché non c’è nulla di peggio di un amore che non è corrisposto, e questo lo sanno perfettamente entrambi, per questo provano a consolarsi, o meglio, studiano il modo migliore per non pensarci affatto.
Jean, soprattutto nell’ultimo capoverso, fa una pena quasi genuina, viene voglia di consolarlo, salvo poi rendersi conto che forse lui stesso non vorrebbe quel tipo di compassione. Lo dimostra dagli atteggiamenti violenti, lui ha un modo tutto suo di gestire questa rabbia e lo fa secondo i suoi schemi.
I personaggi, scevri in una AU completamente slegata dal contesto originale, si muovono perfettamente nell’IC, pur non dando ragione di sé e delle loro personalità, ma riuscendo comunque a far appassionare il lettore.

- Utilizzo del cliché: 12/15
Forse è stata la nota più dolente di tutta la storia, tuttavia la presenza del cliché c’è e in qualche modo fa da sfondo all’intera vicenda, anche se non viene preso granché in considerazione se non fosse per brevissime sequenze in cui schiamazzi, musica e piedi che calpestano altri piedi rendono noto che è in corso una festa.
Ripeto, il cliché c’è, ma non è approfondito come dovrebbe, nel senso che fa solo da contraltare alla storia di Jean, completamente esule rispetto al contesto in cui lui la sta vivendo. Stessa cosa accade infatti per lo stesso Armin, che addirittura non appare connesso al prom – Jean lo incontra fuori, lontano dalla festa.
Mi è piaciuto come hai reso l’attenzione ai piccoli particolari – le ragazze che fumano, la cravatta di Armin – e forse avrei preferito che ti soffermassi un po’ di più su questo aspetto, proprio perché il cliché ballo della scuola possedeva il suo fascino proprio nell’atto descrittivo, nel soffermarsi sui colori della festa, sugli abiti, sulla musica, sui maledetti palloncini che infestano la palestra e così via.
Comprendo perfettamente che non fosse questo il senso della storia, infatti non biasimo per nulla la tua scelta di soffermarti su questo momento in particolare a scapito del ballo, e da un certo punto di vista immagino sia stata anche una scelta oculata, in quanto ti ha dato la possibilità d’esplicare al meglio questo rapporto tra Armin e Jean, che in sé non ha nulla a che fare con la vicenda del prom, ma viene visto dal lettore più come un colpo di testa che come un vero e proprio atto dettato dai sentimenti.
Nonostante il cliché non sia stato granché approfondito, quello di cui ho letto mi ha soddisfatta.

- Gradimento personale: 4.5/5
Questa storia mi ha dato tantissimo da pensare, lo ammetto. Armin e Jean li ho sempre visti come una sorta di ripicca, proprio come appaiono in questa storia: della serie, Marco è morto e ciao ciao ad Annie perché chissà se Armin potrà mai stare con lei. Tu hai riproposto questa impossibilità all’interno di una AU moderna dai toni decisamente angst, cioè una gioia per il mio cuore drammaturgo, che anela alla tragicità dei sentimenti.
Non stiamo parlando di giganti che mangiano persone, e sicuramente i sentimenti di due adolescenti spesso vengono addirittura denigrati, ma in questo caso l’amore fa male lo stesso, forse è anche peggio: perché sai che quella persona è viva e vegeta, ma semplicemente non ci puoi stare insieme. Il paradosso è proprio questo, ed è questo che rende l’amore non corrisposto così tremendo nella sua banalità, così beffardo.
Comprendo appieno la distruzione di Jean in particolar modo, la sua frustrazione e il suo dolore per qualcosa che poteva essere e non è stato. Hai curato un aspetto profondo della sua personalità e mi sono ritrovata ad amare questo personaggio ancor prima che finisse la storia.
Mi è piaciuta moltissimo, bravissima!

Totale: 35/40
_Vintage_
00mercoledì 19 maggio 2021 01:42
16° Classificata - IL MIO CORPO SI È MOSSO DA SOLO DI FIORE DI CENERE

- Grammatica e stile: 7.6/10
Il testo si presenta coerente dal punto di vista semantico e lessicale, sul piano grammaticale ci sono delle importanti imprecisioni a livello soprattutto verbale, ti capita di sfasare un po’ la sequenza della consecutio temporum passando dal passato al presente e poi ritornando nuovamente al passato. Oltre a questo, c’è la presenza di piccoli errori ortografici, che ti segno insieme a quelli più vistosi:
[…] voce è risultato più aggressivo […] C’è stato un errore nella sequenzialità temporale dei verbi, essendo tutto al passato, anche lo stesso flashback che racconti, dovrebbe essere era risultato più aggressivo. -0.20
[…] Non se ne pente (-0.20) quanto dovrebbe (-0.20) però in quel momento: è (-0.20) preoccupato per ciò che accadde al quarto successore di One For All, ha (-0.20) dei dubbi sulla vera natura di quel quirk e su quanto sia (-0.20) effettivamente sicuro utilizzarlo. Ci sono (-0.20) dei buchi neri nella storia della trasmissione del quirk, vuoti di memorie che non fanno (-0.20) predire un futuro roseo per i futuri utilizzatori. […] Qui l’intero paragrafo sarebbe da volgere tutto al passato per rispettare i tempi verbali che hai usato prima, ma anche dopo. -1.40
[…] a storia di quell’uomo e della sua morte l’aveva preoccupato […] I soggetti di questa frase sono due – la storia di quell’uomo e (la storia) della sua morte –, perciò il verbo è da trasferire al plurale, quindi l’avevano preoccupato. -0.10
[…] Il fuoco di padre e figlio combinato alle sue esplosioni ha riportato in parità la situazione, ma solo per poco tempo. […] Anche qui c’è un errore nella consecutio temporum, il passato prossimo andrebbe reso con il trapassato, avevano riportato. -0.20
[…] che qualunque cosa avrebbe fatto quella verità non sarebbe mai cambiata. […] Qui c’è una svista, avrebbe fatto andrebbe sostituito con avesse fatto, col congiuntivo. -0.20
[…] Katsuki ora era incazzato davvero […] L’avverbio ora viene impiegato in un contesto temporale presente, quindi sarebbe meglio sostituirlo con un in quell’istante, in quel momento. – 0.10
[…] qual’era? […] La forma corretta è qual era, perché siamo in presenza di un’apocope, non di una elisione che necessita l’apostrofo. -0.10
[…] qual’era la vera ragione […] Stesso errore di sopra. -0.10

È un peccato per la parte grammaticale, perché dal punto di vista stilistico la storia si presenta bene e senza particolari sbavature, al contrario: sei stata molto coerente nella stesura delle varie sequenze, a partire da quella narrativa per giungere a quelle dialogate, mediante il mezzo del flashbak che, se non fosse stato per lo shift temporale, sarebbe stato sicuramente perfetto.
In linea di massima l’utilizzo della punteggiatura risulta corretto e privo di errori, anche se, per quanto riguarda i dialoghi, potresti omettere il trattino finale, a meno che il testo non prosegua con una sequenza narrativa – anche se nella punteggiatura non è considerato errore lasciarlo, per cui va bene così.
Buona anche l’impaginazione, che non affatica la lettura e la rende più scorrevole.

- Caratterizzazione dei personaggi: 8.5/10
Ho trovato Katsuki molto ben delineato, anche se sotto certi aspetti un filo OOC. Tuttavia, dato il contesto in cui l’hai inserito, si parla di un OOC fortemente giustificato: Shigaraki sta per fare una strage, Midoriya come sempre non capisce che la situazione sta degenerando e Katsuki invece lo capisce fin troppo bene. Per questo si mette in mezzo, per questo si ferisce. Bakugou, da questo punto di vista, lo farebbe, per questo non definirei il tuo personaggio stravolto, anzi, hai cercato di far emergere forse la parte un po’ più umana del nostro sclerotico bombarolo, l’atteggiamento di chi, per una volta, si lascia guidare solo dai sentimenti che nutre per quella persona. Che sia rispetto, amicizia o qualcosa di più, Katsuki arriva a comprendere da solo di come non voglia che Deku muoia, e questo è un aspetto che ho davvero apprezzato molto. Anche il suo non voler ammettere perché l’ha fatto risulta molto IC, non sarebbe stato da lui lasciarsi andare ad una confessione fuori contesto – perciò tutto sommato sono rimasta contenta di come l’hai caratterizzato.
Sarebbe stato bello se avessi approfondito la dinamica fra loro due, magari puntando un po’ l’attenzione su Deku, che rimane appena accennato, ma la sequenza narrativa non ha permesso questo scambio introspettivo che avrebbe reso la storia, da questo punto di vista, davvero perfetta.
Bakugou e Midoriya sono due personaggi fantastici, e quando sono insieme lo sono ancora di più. Questa storia fa valere le motivazione dell’uno e dell’altro, puntando l’occhio di bue sul primo a scapito del secondo, che tuttavia, per quel poco che è possibile vedere, appare in line con l’IC.
Ottimo lavoro!

- Utilizzo del cliché: 15/15
Prendi me al suo posto è stato il cliché scelto, e devo dire che è stato rispettato in maniera puntualissima: Katsuki vede Deku in procinto di tirare le cuoia e, prima ancora che possa accorgersene, si ritrova a fargli da scudo – scena classica, un evergreen di questo cliché. Il fandom che hai impiegato si prestava benissimo a questa scena, che è stata davvero perfetta sotto ogni punto di vista.
Anche la parte del coma, del risveglio e poi del riaddormentarsi è stata una sorta di accurata messinscena tipica di questo cliché, così come lo scioglimento finale e quella frase che tiene legato tutto assieme: […]In quel momento non avevo pensieri per la testa… Il mio corpo… si è mosso da solo.[…] Questa frase è la chiave di tutta la vicenda, una presa in prestito dalla biblioteca delle frasi di Deku, quasi come se Katsuki stesso capisse la profonda verità che si cela dietro una simile frase. Perché quando sei un eroe non hai tempo di perdere tempo, e questo lui lo comprende proprio nell’istante in cui Shigaraki sta per attaccare: non importante che possa morire, non importa che rischi di non aprire mai più gli occhi, perché Katsuki ha scelto di essere un eroe che salva le persone, e lì, pronto a morire, c’è proprio Izuku.
Il non volere che l’amico d’infanzia muoia è una scena che un po’ tutte noi abbiamo sognato per questi due e tu l’hai resa una realtà. È stata toccante, emozionante e a tratti angst, in un miscuglio d’emozioni che il biondo non manifesta mai apertamente, ma che avverte più delle altre: il sacrificio, la dedizione, persino l’accettazione della morte sono tutte cose che rendono Bakugou un eroe, uno vero.
In questo parametro, la storia ha meritato sicuramente moltissimo, brava!

- Gradimento personale: 4/5
La storia mi è piaciuta molto, inutile dire che Katsuki e Deku insieme per me sono meravigliosi, li shippo in tutti i modi possibili e immaginabili. Mi è dispiaciuto un po’ sottrarti un punteggio nella parte grammaticale, ma ahimé ho scelto sempre questi parametri per la correzione e non ho potuto farci granché.
Questo racconto mi ha permesso di entrare nella testolina di quel bombarolo screanzato e pazzo, facendomi capire i suoi pensieri, comprendere il perché abbia scelto di fare ammenda per tutto ciò che ha fatto passare al suo amico d’infanzia. In effetti, credo che Bakugou rappresenti uno dei miei personaggi preferiti in assoluto in tutti i manga, proprio per questa sua indole così offuscata, torbida, che non lascia mai capire cosa pensi e cosa finga di pensare. Da questo punto di vista ho apprezzato molto il tuo modo di delinearlo, lasciandogli quella parte un po’ impulsiva che lo fa sbottare in continuazione – e con Deku questa regola, ovviamente, vale doppio.
Una bella storia, che ti tiene compagnia e ti fa anche salire l’ansia a mille – ti giuro, fino all’ultimo pensavo che me lo facessi morire davvero, praticamente stavo per boccheggiare!
Brava, questo breve racconto è davvero da leggere!

Totale: 35.1/40
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00mercoledì 19 maggio 2021 01:43
15° Classificata - THE BOTTOM OF A BOTTLE DI VERONIQUE97

- Grammatica e stile: 9.8/10
La grammatica è corretta, non vi sono sbavature lessicali né ortografiche di grande rilevanza. Ti lascio solo qualche appunto:
[…] Le dita di Anna gli accarezzano il viso e lui solleva le labbra in un sorriso che appare debole, disarmonico e fuori posto sul suo viso devastato dal dolore. […] Per evitare la ridondanza della parola viso all’interno della stessa proposizione potresti impiegare l’utilizzo di un sinonimo, che renda meno ripetitiva la lettura (volto, faccia, espressione, etc.). -0.10
[…] Degna di una tragedia shakesperiana. […] Errore di battitura, shakespeariana. -0.10

Lo stile dimostra un ottimo impiego della punteggiatura, dell’utilizzo delle congiunzioni e di una notevole maestria nell’uso degli incisi, che si trovano sempre al posto giusto nel momento giusto. La storia ha un’ottima ripartizione tra sequenze narrative – accorpate in parte a quelle descrittive – e dialogate, creando un testo scorrevole e piacevole da leggere.
L’unico appunto, anche qui, a volte v’è un utilizzo improprio della virgola, che in alcuni casi potrebbe essere omessa, ma ciò non rallenta in alcun modo la lettura. Ottima anche la messa a capo, che non rende il testo pesante e facilita la comprensione dello shift tra tempo della storia e tempo del dialogo.
Nel complesso, credo che sia stata una delle storie scritte meglio, brava.

- Caratterizzazione dei personaggi: 8.5/10
Mi è piaciuta moltissimo la caratterizzazione di Matthew, anche se non del tutto completa, in quanto ne descrivi l’atteggiamento in relazione a quella che definiremmo la più classica tra le pene d’amore. Tuttavia, nonostante questa piccolissima lacuna, mi è piaciuta molto la tua capacità descrittiva associata al suo stato d’animo, avvalendoti anche di immagini molto suggestive per far entrare il lettore in quelli che sono i vagheggiamenti di un uomo innamorato, preda dell’alcol e di un amore che non viene visto in alcun modo come qualcosa di positivo, ma l’esatto opposto: un amore che brucia, che fa male, che sconquassa i sensi, e Matthew è ciò che viene comunemente definito come la vittima di questo sistema, la somma di quell’emozioni che non ci piacciono, che non vorremmo mai provare. In questo senso, è piuttosto facile immedesimarsi nella sua persona, e la cosa mi ha resa più che soddisfatta in merito a questo personaggio.
Anna, invece, in questo caso risulta un personaggio piuttosto marginale, che ha il solo scopo d’essere la spalla su cui piangere, la persona da cui andare quando ne sentiamo il bisogno. Mi sarebbe piaciuto leggere un po’ più di lei, sul modo in cui interagisce con Matthew, anche se mi rendo conto che non era quello l’intento della storia. È un personaggio, comunque, di cui hai ben delineato le linee guida e si comprende appieno il suo ruolo all’interno della storia, per cui anche sotto questo aspetto – per gli intenti che la storia vuole esprimere – va benissimo così.
Nonostante la osserviamo solo attraverso i ricordi di Matthew, anche Cordelia appare perfettamente in linea con la storia, come un’essenza eterea che forse Matthew stesso tende a idealizzare, pur rimanendo fedele ai ricordi che ha di lei.
Nel complesso, la caratterizzazione è molto più che buona, perciò brava!

- Utilizzo del cliché: 13/15
Passo a spiegare il perché di questo punteggio che, seppur positivo, merita un chiarimento importante. Il cliché ti amo, ma non posso averti è una sorta di must-have dell’angst, qualcosa che ormai è entrato a far parte del bisogno collettivo di noi povere romantiche che vogliamo struggerci per un amore impossibile. Il cliché permea tutta la storia e mostra l’aspetto più tremendo di una storia d’amore che, in realtà, non è mai stata. Tuttavia, sebbene da un certo punto di vista lo struggimento di Matthew sia perfettamente amalgamato al cliché, non v’è un approfondimento particolare di quest’ultimo: sì, Matthew si strugge, sta male, soffre, beve per dimenticare e chiede l’aiuto di Anna per cercare di sopperire ad una mancanza profonda, ma poi il cliché si perde nelle elucubrazioni del protagonista e sembra interrompersi.
Questo non è necessariamente un problema, ma dare spazio ai pensieri del protagonista ha in qualche modo messo un po’ in ombra il cliché, salvo poi ripescarlo nella parte finale, che ho trovato essere la più bella della storia – specie nella frase: “Quelle mani che non possono appartenergli che da oggi apparterranno solo a James.” Cioè, questa frase mi ha stesa definitivamente, e ha dato un picco clamoroso al cliché, spiegando le motivazioni interiore del suo tormento introducendo un “rivale”, che in realtà non lo è per davvero.
L’uso del cliché mi è piaciuto moltissimo, un po’ perché sono una persona tendenzialmente sadica che ama veder soffrire i personaggi – non credo sia normale – e un po’ perché il tuo stile ha giocato un ruolo fondamentale nella stesura d’una storia ricca d’immagini vivide, quasi plastiche.
Era da un po’ che non leggevo qualcosa di decente in questo fandom, perciò grazie per averla scritta!

- Gradimento personale: 4/5
Una bella storia, non v’è che dire. Ci sono state delle frasi che mi hanno emozionato, reso triste, arrabbiata e persino mezza depressa. Quello che ho potuto constatare è stata la dedizione con cui ti sei dedicata a certi passaggi, dando spazio a piccoli particolari che io ho trovato molto calzanti all’interno del contesto: Anna che apre la porta ad un Matthew mezzo andato, in preda al dolore, che cerca ancora dell’alcol per ritrovare un po’ di serenità, quella chimerica felicità che non sarà più in grado di raggiungere e che lo porterà a stare sempre peggio, fin quando non deciderà di rialzarsi con le sue forze.
Le dinamiche tra i personaggi le ho trovate ben delineate, sicuramente mi sarebbe piaciuto vedere qualcosa in più di Cordelia, ma la storia si presenta magnifica così com’è, specie il paragrafo finale, che lascia a dir poco spiazzati.
Non bazzicavo da un po’ nel fandom di Shadowhunters – anche perché nel periodo di fissa c’erano solo storie su Alec e Magnus –, ma devo dire che questa storia mi ha fatto riacquistare un po’ di fiducia, probabilmente perché è la prima volta che mi ritrovo a leggere qualcosa di diverso, e mi fa sempre piacere.
Gran bella storia, brava!

Totale: 35.3/40
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00mercoledì 19 maggio 2021 01:45
14° Classificata - RACCONTAMI UNA FIABA DI XSHADE-SHINRA

- Grammatica e stile: 9.8/10
Dal punto di vista grammaticale il testo scorre fluido e corretto ortograficamente, ti segnalo due piccole sviste:
[…] un piacevole tempore contro quella pelle […] Errore di battitura, tepore. -0.10
[…] insieme lei l’esperienza della […] Manca una a preposizione: insieme a lei. -0.10

Lo stile è molto intenso, in linea con la storia di per sé molto passionale e, in certo modo, sofferta dei due protagonisti, salvo poi sciogliersi sul finale in uno stile narrativo molto simile a quello di una vera e propria fiaba – cosa davvero molto difficile da ottenere, ma tu ci sei riuscita benissimo.
Ho trovato la narrazione scorrevole, senza intoppi, e l’utilizzo della punteggiatura concreto e molto presente, compresa l’impaginazione che ha aiutato molto la lettura, agevolandone la comprensione. Mi è piaciuta tantissimo la sequenza erotica, questo devo proprio dirlo: sei stata, pur nella passionalità dell’istante, molto attenta ai vocaboli e all’uso dei termini specifici, riuscendo a non rendere volgare la scena, a colmarla di significato ed emozioni. Complimenti davvero!

- Caratterizzazione dei personaggi: 8.5/10
La caratterizzazione c’è, nonostante non ti sia troppo soffermata sulla parte introspettiva, che a suo modo è sicuramente riscontrabile nei pensieri dei due protagonisti – l’insicurezza di Armin che pensa che Jean possa averlo in ribrezzo, l’accelerare frenetico dei pensieri di Jean nei confronti di Armin e così via. La caratterizzazione è un processo che potremmo definire quasi evolutivo, e in questo senso Jean ti è uscito sicuramente bene, molto delineato e persino capace di poter evolvere dall’inizio della storia fino alla fine.
Armin, invece, in alcuni tratti mi è parso un po’ OOC, pur nella ragione di questa storia. Non ho mai disprezzato l’OOC, specie in storie come queste, che generalmente esulano per forza dai personaggi principali. Tuttavia, in questo caso, ci sono stati alcuni punti in cui Armin non mi ha pienamente convinta, al contrario di Jean che ho trovato perfetto: per esempio, descrivi Armin in maniera molto precisa all’inizio, parli della sua insofferenza nei confronti di un contesto che non lo accetta, gli fai provare insicurezza e un disagio alla stregua di un malessere interiore che Jean, almeno per la notte del prom, è in grado di attenuare, fin quasi a scomparire – quella parte mi è piaciuta davvero tantissimo.
Tuttavia, ci sono stati alcuni momenti in cui questo senso di smarrimento è venuto meno, per esempio nelle risposte che concede ai bulli: comprendo che abbia vissuto la situazione così tante volte da essersi ormai abituato, ma Armin che risponde in quel modo ai bulli lo trovo un po’ cozzante con la sua personalità originale. Questa ovviamente non vuole essere una critica alla tua scelta narrativa, al contrario, nelle AU cose del genere accadono, specie in quelle ambientate nella modernità – come in questo caso.
In linea di massima, tuttavia, entrambi sono delineati in maniera soddisfacente.

- Utilizzo del cliché: 12.5/15
Spiego il punteggio, sperando di chiarire eventuali dubbi. Allora, il cliché era ballo della scuola e non si può dire che l’ambientazione non sia quella del prom classico. Tuttavia, per i limiti della storia, questo aspetto viene messo in secondo piano rispetto alla storia principale: il racconto vuole essere un’esplicazione del primo incontro tra Jean e Armin, del loro trovarsi in un momento sbagliato e tuttavia così giusto per loro, ma il prom fa da sfondo a questa vicenda, non risulta essere parte portante della storia.
Riappare all’ultimo, con l’elezione di Reiner e Bertholt a Regina e Re, ma non v’è un vero e proprio soffermarsi sui particolari, sulla scena – anche se ho apprezzato tantissimo il ballo tra Armin e Jean. Manca quell’aspetto un po’ meramente descrittivo, nonostante in qualche punto si possano trovare sprazzi di sequenze dedicate ad esso – la corona di plastica, i vestiti sgargianti delle ragazze. Nel complesso hai saputo impiegare il cliché in maniera più che efficiente, indi per cui il punteggio è comunque alto perché hai rispettato i parametri in maniera precisa, però sarebbe stato interessante osservare un po’ di più, per esempio, i pareri degli altri in merito a Jean e Armin insieme – in una scuola, dove tutti non fanno altro che confabulare, risulta un po’ fuori contesto che nessun impiccione arrivi a interessarsi di questi due personaggi che compaiono all’improvviso, per esempio gli amici di Jean, o qualche curioso che vede Jean e magari non riconosce Armin.
Nel complesso, tuttavia, ritengo che tu abbia fatto un ottimo lavoro, specie perché il prom diventa, in realtà, l’”escamotage” che permette di fare incontrare questi due alienati sociali e di poterli accostare insieme, il che dona sicuramente al cliché una propria originalità. Perciò brava, sotto questo aspetto è stata una scelta azzeccatissima!

- Gradimento personale: 5/5
In AoT non ho una coppia preferita, devo essere onesta. Riesco a shippare tutti con tutti senza problema, ma solo recentemente ho apprezzato il fascino della coppia Jean/Armin. La tua storia ha uno svolgimento davvero singolare, molto intenso e molto passionale, sensuale ma non volgare, raffinato e mai rozzo. È una perla rara, specie perché ormai è difficile trovare una storia che abbia dell’erotico che non sia un mero porno. Ci sono alcuni aspetti di questo racconto che fanno riflettere, ti soffermi su tematiche importanti, delicate, che nel XXI secolo ancora qualche imbecille si diverte a chiamare “problemi”. Se due persone si amano, si rispettano e si trovano bene insieme, non ho mai capito perché questo debba essere un impedimento o un problema.
Tu analizzi tutto questo con aspetti della personalità dei due protagonisti che non sono, almeno all’inizio, ben consci di cosa provare, eppure trovano il tempo per cercarsi, a modo loro di amarsi pur in quello che, in senso improprio, viene definito errore – ammesso che tale possa davvero essere amare un’altra persona.
Da questo punto di vista è stata una delle storie più belle, profonde che abbia letto in questo contest, brava!

Totale: 35.8/40
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00mercoledì 19 maggio 2021 01:46
13° Classificata - LA BISBETICA INCOMPRESA DI CATHERINEC94

- Grammatica e stile: 9.9/10
Ho trovato solamente un piccolo errore di concordanza:
[…] Che mi chiede a fare? […] Muriel si sta rivolgendo a Molly, per cui che mi chiedi a fare, ma è un evidente errore di distrazione. -0.10

Lo stile si presenta per lo più dialogato e con poche sequenze narrative, tuttavia risulta compatto, facile per la lettura e molto fluido. Ovviamente la storia è molto breve – essendo una flash – tuttavia l’utilizzo corretto della punteggiatura e delle sequenze dialogate rendono evidente l’accortezza con cui hai lavorato su questa storia, perciò ottimo lavoro, si vede che hai impiegato molto cura nella stesura di questa storia.

- Caratterizzazione dei personaggi: 7/10
La storia ha un evidente intento parodico, e a ciò si aggiunge la sua brevità. Non biasimo affatto la tua scelta di concentrarti sulla sequenza dialogata per sottolineare il paranoico marcio che permea tutta la figura di zia Muriel, nonostante non vi siano sequenze descrittive che la caratterizzino in modo tout court. Il lettore si ritrova coinvolto dalle tue parole su questa donna che ci appare come la classica zia rompiscatole, che giudica e mette alla gogna qualsiasi atteggiamento di qualsiasi persona. È una donna forte, indipendente, ma anche terribilmente ipocondriaca, e a ciò si aggiunge un egocentrismo che, nella sequenza dialogata, appare molto ben sottolineato.
In merito alla caratterizzazione, tuttavia, non ho potuto dare un punteggio granché valido per rendere questo parametro soddisfacente. Non vi è una vera e propria introspezione; sebbene la storia ruoti intorno a questo personaggio, Muriel è semplicemente il nodo in cui si divincola la vicenda, ma risulta una signora eccentrica e in preda alla fobia per una malattia “incurabile”, non c’è una struttura emotiva, caratteriale o banalmente più fisica degna di nota – ma per l’intento che la storia vuole avere, credo che sarebbe stato anche piuttosto forzato introdurlo.
Anche i protagonisti che si muovono intorno a lei, ovviamente figure di contorno che non necessitavano di una vera e propria introspezione, vengono introdotti in maniera farsesca e divertente – soprattutto la piccola scena con Harry, mi ha strappato ben più di un sorriso. All’intento parodico si aggiungono le classiche frasi fatte delle vecchie isteriche dei film, che condannano i nipoti venali, in attesa di tirare l’ultimo respiro e mandare tutti al diavolo prima di morire. L’ho trovata una scena davvero molto calzante ed in linea col personaggio, perciò seppur con poco materiale, risulta facile delineare per sommi capi la personalità di questa – come la chiami tu nel simpatico titolo – bisbetica incompresa!

- Utilizzo del cliché: 15/15
Semplicemente A-DO-RA-TO. Specifico subito che io amo da morire il cliché del malato di boh, che per qualche ragione ogni volta mi fa piegare in due dalle risate – anche in contesti dove di norma bisognerebbe rimanere seri, vedi decine e decine di racconti rosa in cui lei (o lui) sono affetti dalla patologia più assurda di sempre.
Nel tuo caso è ancora più calzante, perché si parla di una persona che non sa neanche lei di cosa si tratta: prima parla di una malattia tra le peggiori – e già qui un sorriso scappa per forza –, poi la crisi nevrastenica perché Molly non si ricorda la sua malattia, le forze che la stanno abbandonando, il fatto che sia spacciata. Davvero, non saprei da dove cominciare per poter descrivere al meglio la sensazione d’ilarità che questa situazione suscita! Ci troviamo di fronte ad una caricatura grottesca d’un ipocondriaco in preda all’isterismo, con la componente dei familiari che gli ronzano intorno in preda alla perplessità.
E zia Muriel, dal canto suo, sguazza in questa sua versione della storia in cui è ormai sul letto di morte, creando – se vogliamo – un cliché nel cliché (l’ipocondriaco, in effetti, è un sempreverde dei cliché, strettamente collegato al malato di boh).
Sotto questo aspetto ho trovato la storia perfetta, complimenti!

- Gradimento personale: 4/5
Ho apprezzato molto la tua storia, sono rimasta contentissima del soggetto da te scelto. Non ho mai letto nulla che avesse come protagonista zia Muriel, e devo ammettere che il titolo di questo tuo breve racconto mi ha subito richiamato alla mente ricordi di matrice shakespeariana – come la Bisbetica domata – di cui mi ero totalmente dimenticata. Giuro, ho trovato questo racconto brioso, divertente ed un toccasana per il mio umore nero, per questo devo farti i complimenti, era davvero complicato gestire questo breve scorcio in una flash, e tu sei stata magnifica in questo, delineando una scena perfettamente in linea col soggetto da te scelto.
A ciò si aggiunge l’elemento zia Muriel, di cui non avevo mai letto prima – immagino siano veramente poche le storie che l’abbiano come protagonista. È stato parecchio divertente, già a partire dal titolo, osservare questa fotocopia di mia nonna sclerata che inveisce pure contro oggetti inanimati e si lamenta della sua condizione “precaria” – che poi in realtà non lo è affatto. Una signora anziana cenciosa che passa il tempo a deprimersi e ad arrabbiarsi col resto del mondo, non potevo chiedere nulla di più esilarante. Sono stata felicissima di averla letta, perciò grazie a te per averla scritta!

Totale: 35.9/40
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00mercoledì 19 maggio 2021 01:49
12° Classificata - UNEXSPECTED DI SELLYLUNA

- Grammatica e stile: 9.4/10
La storia presenta, qua e là, qualche piccolo errore di battitura o di distrazione, nulla che comprometta la corretta e scorrevole lettura; ti segno qui quelli che per me sono saltati all’occhio:
[…]insieme progettavano la loro vita futura[…] C’è un errore nella consecutio temporum; stai scrivendo al trapassato remoto, quindi nell’anteriorità nel passato, perciò anche progettavano dovrebbe esser reso come avevano progettato. -0.10
[…] Che se andassero al diavolo […] Manca la particella ne che funge da complemento: che se ne andassero al diavolo. -0.10
[…] Anche adesso che gli rivolgeva uno sguardo luminoso […] L’avverbio adesso implica una contemporaneità che nella tua storia, essendo al passato, non è presente. Sarebbe meglio sostituirlo con una locuzione del tipo in quel momento. -0.10
[…] Con grazie, la coppia […] Errore di battitura, con grazia. -0.10
[…] che tu prova dei sentimenti per me […] Errore del modo verbale, che tu provi è la corretta forma del congiuntivo presente. -0.20

Mi è piaciuto molto anche il tuo stile, sebbene a volte l’andata a capo a fine capoverso l’abbia trovato un po’ forzata. In generale il testo scorre che è un piacere, la ripartizione in spaccati differenti agevola la lettura e non appesantisce il racconto, creando una sorta di continuum narrativo molto piacevole.
La punteggiatura è usata in maniera precisissima, anche se, per quanto riguarda i dialoghi avvenuti nei flashback, sarebbe stato opportuno segnalarli comunque con i giusti segni d’interpunzione piuttosto che solamente col corsivo. Tuttavia questa è una scelta personale, va benissimo anche il modo in cui sei stata capace di esprimerli.
Davvero un buon lavoro, brava!

- Caratterizzazione dei personaggi: 9/10
Hai dedicato un notevole approfondimento ai tuoi personaggi, e mi è piaciuto come sei riuscita perfettamente ad inserire i soggetti di Game of Thrones in un contesto così differente dall’originale: s’incastrano in maniera precisa tra le mura della scuola, ed ognuno sembra avere un luogo designato, senza forzare il personaggio.
Ovviamente valuto questo parametro in base e Tyrion e Sansa: il primo mi è sembrato parecchio inerente all’originale, anche se in questo caso la sua insicurezza sembra renderlo più impacciato di quanto sia nella serie – ma questo lo reputo abbastanza normale, trattandosi di una AU. Nonostante questo piccolissimo cambiamento, reputo Tyrion piuttosto IC, il che gli fa guadagnare sicuramente molti punti, anche perché il lettore riesce facilmente a simpatizzare con lui e con il suo trascorso, che potremmo definirlo come non dei più felici – la morte della sua amata, l’odio dei suoi parenti, il suo evadere fuori dagli schemi per mezzo dell’alcol, il suo riprendersi e dare una svolta alla propria vita. Ho apprezzato il piccolo focus che hai fatto anche su Jaime, sul loro rapporto, che persino nella tua storia assume una connotazione davvero speciale.
Sansa mi è piaciuta molto, e ti assicuro che è un miracolo perché io non la sopporto. Invece tu, complice lo stile e sicuramente il contesto della AU, sei stata in grado di farmela piacere in maniera più che soddisfacente: si allontana molto dal personaggio originale, ma per i tratti più importanti le rimane fedele; abbiamo l’immagine di una giovane donna con le proprie paure, le proprie insicurezze. E si scopre che la persona in grado di renderla più forte è proprio Tyrion, il quale forse – anzi, sicuramente – ne è addirittura inconsapevole.
L’avvicinamento tra i due non è stato affatto forzato, al contrario è avvenuto in maniera spontanea e naturale, conferendo alla storia un’evoluzione credibile e del tutto originale – nonostante si parlasse di un cliché.
Bella, brava!

- Utilizzo del cliché: 14/15
La storia non ruota esattamente intorno al cliché, ma ne costituisce una parte fondamentale, per cui posso dire che sono soddisfatta di come l’hai impiegato: il ballo della scuola è un sogno per Sansa, un incubo per Tyrion, perché lo costringe a ricordare qualcosa di cui lui non solo ha paura, ma che non riesce negli anni neppure a razionalizzare. In questo senso, credo che tu abbia conferito una sorta di eccezionalità a questo luogo comune, arrivando a renderlo molto originale – almeno per quanto riguarda la tua storia.
Mi è piaciuta molto la descrizione che hai fatto del ballo, dei vestiti, arrivando a creare quell’ambientazione da sogno che tutti – noi donne, soprattutto – vorremmo vedere almeno una volta. E Sansa non è immune a questo fascino, al contrario ci sguazza dentro come una ragazzina innamorata, il che la fa sembrare anche un po’ ingenua, un po’ ancora bambina: l’aspetto più bello del prom si evince proprio attraverso gli occhi di Sansa, per mezzo dei nastri bianchi e blu, delle tartine al limone e del clima da festa – dj Hodor e Melisandre sono stati davvero una trovata geniale.
È stato un cliché ben trattato, a cui è stato donato il giusto spazio e che ha fatto bella mostra di sé soprattutto nei capoversi finali, quasi da quadro alla storia d’amore di questi due personaggi che hanno sofferto e, infine, hanno trovato la felicità l’uno nelle braccia dell’altro. In questo senso, è come se tu avessi creato una piccola fiaba per loro due, per permettere ad entrambi di esistere all’interno di un contesto che forse li vedeva un po’ estranei l’uno all’altra.
Un bellissimo lavoro, brava.

- Gradimento personale: 4/5
Non avevo mai letto prima una Tyrion x Sansa, ammetto che come coppia non ce li ho mai visti tanto assieme. Eppure in questa storia mi sono piaciuti tantissimo! Credo che tu sia stata veramente brillante nel delinearli, e forse ti dirò, mi sarebbe piaciuto leggere qualcosa in più su loro due, magari sull’evoluzione del loro rapporto.
Si vede la cura che hai dedicato a questa storia, a quanto tu ci abbia speso tempo e alla sensibilità con cui hai trattato entrambi, in particolar modo Tyrion: se su Sansa ho avuto sempre un po’ di puzza sotto al naso, Tyrion è uno dei miei personaggi preferiti. Perciò ammetto che aveva un po’ di perplessità a ritrovarmelo in un contesto come questo, una AU moderna, ma da questo punto di vista sei stata davvero eccezionale, tra l’altro ti faccio i complimenti anche per come hai scelto il suo ruolo.
Se nella storia originale vediamo Tyrion come una sorta di stratega, in questa AU non poteva che essere professore di storia, di quelli dritti, giusti. Mi è piaciuto molto, forse è stato un paragone che ho fatto quasi in automatico, ma ho stimato questa tua scelta di volerlo rendere in questo modo.
E brava anche con Sansa, visto che al contrario del mio nano, è un personaggio che a stento sopporto. Tu l’hai sicuramente resa in chiave più matura, hai fatto in modo di far uscire un aspetto della sua personalità che nella serie tv trovo piuttosto dozzinale – quindi sì, il paradosso è che mi piace più la tua Sansa che quella della serie, ma questi sono punti di vista!
Spero davvero che scriverai altro su di loro, bravissima!

Totale: 36.4/40
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00mercoledì 19 maggio 2021 01:53
11° Classificata - L’ULTIMA STATUETTA DI DIRKFELPY

- Grammatica e stile: 9.4/10
C’è qualche errorino che ti segnalo qui sotto, ma in linea generale la storia è corretta dal punto di vista ortografico:
[…] togliere la vita ad un'altro essere umano […] C’è un apostrofo di troppo. Essendo un maschile, la corretta forma è un altro essere umano. -0.10
[…] anche di quanto sarei potuto essere di conforto […] Per rispettare la concordanza, la forma corretta è sarei potuta essere. -0.10
[…] pende da un gancio al soffitto […] L’espressione è poco chiara, sarebbe meglio renderla con un gancio del soffitto, perché da e al insieme correlative indicano rispettivamente due complementi di moto. -0.10
[…] forse è la mia giusta punizione […] Manca il punto. -010
[…] e la cosa giusta da fare […] Errore di battitura, dovrebbe essere è. -0.10
[…] un ultima impiccagione […] Manca un apostrofo, essendo un femminile la forma corretta è un’ultima impiccagione. -0.10

Per quanto riguarda lo stile, sebbene sia molto semplice, rispecchia molto la cruda realtà della tua storia. Proprio perché hai scelto di raccontare forse il punto più irrisolto di tutto il romanzo, il tuo stile accompagna la decisione di Vera con una crudezza ed una realtà a dir poco disarmanti. Mi è piaciuta molto la scelta di rendere il racconto al presente, come se la situazione fosse proprio davanti agli occhi del lettore, e ho apprezzato molto anche il tuo modo di seguire il flusso dei pensieri della protagonista, nei suoi ultimi istanti di vita.
Anche l’utilizzo della punteggiatura è perfetto, non presenta sbavature e, nel complesso, si presenta in maniera efficace nello sviluppo della suspense che crei volutamente, soprattutto prima dell’ultimo paragrafo.
Un ottimo lavoro, complimenti!

- Caratterizzazione dei personaggi: 8.5/10
Una caratterizzazione massiccia e che, in qualche modo, si soffermi particolarmente sull’introspezione di Vera non c’è, ed è anche normale che sia così perché hai dato la priorità allo sviluppo narrativo. Tuttavia, il flusso di pensieri della protagonista fa in modo che certi aspetti della sua personalità emergano per via dei fattori esperienziali che ha vissuto: risulta sicuramente più facilitato chi ha letto il libro, ma questa storia potrebbe tranquillamente esser letta anche da un lettore che non abbia mai neppure intravisto il libro, e questo perché dai una descrizione abbastanza dettagliata della vita della protagonista, del suo amore per Hugo, della sua paura, dei suoi ricordi che si fanno via via più sfocati.
Persino le statuette, che sono così importanti per il racconto, ricalcano e scandiscono perfettamente il ritmo dell’introspezione, come a voler caricare di pathos il paragrafo finale.
Purtroppo la storia è corta, e non hai avuto abbastanza spazio per soffermarti magari un po’ di più sui pensieri di Vera, sulle sue sensazioni, emozioni, ripensamenti, angosce. Sarebbe stato sicuramente un approfondimento utile e dilettevole, perché il modo con cui l’hai descritta – seppur in maniera non del tutto completa – mi ha certamente accattivata.
Nonostante questo, però, ammetto che la storia mi è piaciuta così com’è, lasciando un alone di mistero dietro di sé che sicuramente piace al lettore. Quindi bravo, davvero.

- Utilizzo del cliché: 14/15
Tutta la vita davanti agli occhi, almeno a mio avviso, era uno dei cliché più complicati da trattare, perché bisognava tenere conto di tutte le varianti che potevano essere coinvolte all’interno di tale luogo comune. Tu invece hai scelto la versione più classica, quella un po’ infelice e un po’ rammaricata, salvo poi ricoprirla anche d’un alone di serenità, quasi arrendevolezza da parte di Vera. Della serie, è così che doveva andare fin dall’inizio.
In quest’ottica d’idee, hai sicuramente conferito al cliché una sua presunta originalità, giacché hai reso la protagonista consapevole del suo destino, di ciò che sarebbe accaduto. E Vera rivive sì la sua vita, seppur in maniera forse un po’ troppo sommaria, ma al contempo sceglie di riviverla, non le capita tra capo e collo perché sta morendo e non pensava che potesse accadere. Questo fattore di consapevolezza è stato sicuramente il punto di forza di questo parametro, che è stato, insieme allo stile, il pregio più bello di questa storia.
Ci tengo anche a specificare qualcosa, per me, di davvero importante: Dieci piccoli indiani, almeno a mio avviso, è uno dei racconti più belli e affascinanti della Christie. Se vogliamo, è una vera e propria ode alla psiche delle persone, alla suspense, al colpo di scena. A me capita spesso di storcere il naso di fronte a fanfiction su questa autrice, eppure sono rimasta piacevolmente colpita, dico sul serio.
La tua sensibilità ti ha permesso di concludere qualcosa che nel romanzo rimane un po’ in sospeso, e da questo punto di vista il tuo utilizzo del cliché, oltre che utile, è stato anche molto realistico, in linea con la storia della Christie.
Anche qui, bravo davvero!

- Gradimento personale: 4.6/5
Io adoro la Christie e i suoi romanzi. Dieci piccoli indiani, in particolar modo, è un capolavoro. Credo che tu sia stato incredibile nella stesura di questo racconto, e forse la cosa che mi ha un po’ interdetta è stata la brevità con cui si è conclusa. Mi rendo sempre conto di voler leggere – egoisticamente – più di quel che l’autore può concedere – come in questo caso, perché, in realtà, la tua storia va benissimo così com’è.
Forse mi sarebbe piaciuto leggere un po’ di più delle motivazioni che spingono Vera alla scena finale, cosa la porta a ricercare in maniera così viscerale la risoluzione di quella dannata filastrocca, cosa pensa quando calcia via lo sgabello e così via.
La verità è che, leggendo questa storia, sono rimasta affascinata e perplessa al tempo stesso, vogliosa di sapere cosa sarebbe accaduto, tuttavia consapevolmente ignara.
Forse il bello di questa storia è proprio questo: una donna, con sentimenti, emozioni e rimpianti che riguarda alla sua vita come a qualcosa di prezioso, ma ormai irraggiungibile, qualcosa di molto lontano che non può più esser raggiunto e che porterebbe sempre ad un’unica soluzione.
Una storia bella, affascinante, piena di brio ed emozioni, complimenti.

Totale: 36.5/40
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00mercoledì 19 maggio 2021 01:54
10° Classificata - PER IL BENE SUPERIORE DI ARLIE_S

- Grammatica e stile: 8.1/10
Vi sono alcuni errori di battitura – i più presenti – e qualche errore nella sequenza verbale, nulla tuttavia che comprometta troppo la lettura. Preferisco segnalarti i principali errori che ho riscontrato:
[…] sforzandosi non lascia trapelare […] Il paragrafo è tutto scritto al passato, perciò anche il verbo lasciare va introdotto con lasciò. -0.20
[…] i Babbani che l’aveva massacrata […] L’aveva si riferisce ai Babbani, per cui l’avevano, ma è un evidente errore di distrazione. -0.10
[…] che lo inchiovada a […] Errore di battitura, inchiodava. -0.10
[…] per ripulire i residue […] Errore di distrazione, residui. -0.10
[…] stato un modo un modo per tornare […] Un modo si ripete due volte di fila. -0.10
[…] Si sforzò si rivolgere un […] Errore di battitura, di rivolgere. -0.10
[…] «Mi dispiace…» esaltò, senza respiro […] Il verbo corretto è esalò in questo caso specifico, ma credo che sia un errore di battitura. -0.10
[…] cadeva inginocchio […] Errore di battitura, in ginocchio. -0.10
[…] sull’erga sotto quegli […] Errore di battitura, erba. -0.10
[…] niente di era mosso […] Errore di battitura, si era. -0.10
[…] Il corpo di Gellert che si allunga (-0.20) sul suo, le sue labbra che gli sfiorano (-0.20) l’orecchio e le dita che si aggrappano (-0.20) come artigli al torace. […] Questo capoverso va impostato tutto al passato, in quanto si trova all’interno di un paragrafo dove hai scelto di narrare gli eventi tutti al passato – nel caso si fosse trattato di un inciso o dei pensieri del protagonista allora sarebbe stato più opportuno segnalarli con un corsivo.
[…] da impedirgli l'unica cosa che bramava davvero. […] il Da iniziale di frase va messo con la maiuscola. -0.10
[…] le sue dita si contorceva […] Errore di battitura, si contorcevano. -0.10

Ho molto apprezzato lo stile, che ha fatto da ottima spalla ad una storia interessante da molti punti di vista. In questo caso, hai delineato un tempo della narrazione molto forte, dal ritmo prorompente, a scapito un po’ dei dialoghi e delle descrizioni, ma va benissimo così: questa storia ha un carattere introspettivo e si sofferma su Albus, non su quello che lo circonda. Da un certo punto di vista, nonostante tu abbia scelto di narrare in terza persona, quello a cui assistiamo è una completa ammenda del protagonista poco prima di morire, un guerriero che è stanco di lottare e che, finalmente, può lasciare andare quel fardello. Lo stile riflette sagacemente tutto questo, portando il lettore su un piano rigidamente letterale all’inizio, per poi scoprirne la valenza più simbolica.
Ottimo lavoro, brava.

- Caratterizzazione dei personaggi: 9/10
Sebbene mi sarebbe piaciuto leggere qualcosina in più su Ariana, ammetto che la caratterizzazione di Silente l’ho trovata strepitosa. Un personaggio che ho sempre adorato con tuta me stessa e che riscopro in questa storia con tante, troppe emozioni che non appartengono forse alla figura del vecchio canuto che siamo abituati a conoscere, ma che sono espressione più vera e sincera del ragazzo che è stato, del dolore e dell’odio di cui s’è fatto il mantello e la barba.
Albus in questa storia è un personaggio vero, tanto da poter notare in lui una serie di atteggiamenti che, pur mantenendo un buon IC, sembrano esulare dalla sua personalità più matura: un giovane uomo nutrito di amore per la sorella e tante belle speranze, che vede sfumare il sogno di una vita felice in compagnia di chi ama.
E il dolore per questa perdita, mista ad un senso di colpa che lo divorerà sino alla fine, portano Silente a fare scelte, poco importa che siano giuste o sbagliate. In questo senso sei stata molto accorta nel concederti a brevi capoversi che la fanno da padrone nella descrizione della sua personalità: […] Se, se, se. La sua vita ormai era una sequenza senza fine di ‘se’ ognuno dei quali affondava nella schiena come una pugnalata e aggiungeva un catena invisibile alla sua esistenza. […] Questa è una delle tante, per citarne una piuttosto calzante.
Ho apprezzato moltissimo le poche descrizioni che hai inserito, che rendono la lettura realistica e plastica, quasi come se fosse possibile per il lettore trovarsi lì, a soffrire con un giovane che, forse, ha anche paura, terrore di affrontare ciò che verrà dopo.
[…] Si gettò con le ginocchia a terra, la risata di Grindelwald che gli graffiava le orecchie e cercò la fonte di quel sangue, di quella sofferenza senza trovarla. […] Un’altra frase che spezza la narrazione, oltre che il cuore. Perché Albus è lì, e non sa assolutamente cosa fare. E l’atteggiamento che gli fai assumere è proprio quello dello sconfitto, del perdente, perché lui si sente proprio in quel modo, impotente di fronte a ciò che è accaduto.
Si vede la dedizione che hai impiegato per costruire il personaggio di Albus, e davvero, sei stata straordinaria!

- Utilizzo del cliché: 15/15
Più vita davanti agli occhi di così si muore. Questo cliché è stato impiegato in maniera perfetta, anche perché hai scelto uno dei momenti più drammatici di tutto il fandom: la morte di Silente, di quell’uomo che abbiamo così tanto amato negli anni da non essere stati neppure in grado di razionalizzare la sua morte, neanche fosse stato davvero un nostro parente. Tu, al contrario, hai reso questo momento ancora più tragico, conferendo alla scena non solo parole inerenti all’opera originale, ma mettendoci del tuo, facendo capire al lettore il dolore, l’angoscia, il desiderio di rivedere chi ha amato del nostro Silente. Ed il lettore non può fare a meno di simpatizzare per lui, di piangere per lui e con lui, perché perdere qualcuno che si ama e sentirsi in colpa fa parte della natura umana, di quei sentimenti genuini che le persone sono costrette a provare, quasi fosse un contrappasso dell’amore stesso.
Qui c’è un po’ di tutto, non solo i ricordi: c’è il panico, la rassegnazione, la smania di onnipotenza, il desiderio che tutto finisce il più presto possibile. In base a questo, quel Severus pronunciato a mezza voce sembra una supplica ragionevole, una richiesta di soccorso. E da questo punto di vista sappi che sei riuscita davvero a sciogliermi il cuore, o sarebbe meglio dire che l’hai preso e frustato a sangue, perché quella scena mi si è impressa nelle vene il giorno in cui l’ho letta, ormai tanti anni fa.
E così il cliché della vita davanti agli occhi diventa un eterno ricordo nella mente di Silente, che alla fine può rincontrare chi temeva di aver perduto per sempre, in una mera consolazione che di certo non ci aiuta a superare la sua morte, ma almeno ci fa stare più sereni, certi che abbia avuto la possibilità di poter fare davvero ammenda per ciò che riteneva d’aver commesso, scusandosi con sua sorella e i suoi genitori.
Davvero un gran bel lavorone, complimenti.

- Gradimento personale: 4.5/5
Io amavo Silente. Avrei voluto averlo come preside anche io – ma chi non avrebbe voluto, d’altronde? La sua morte mi aveva devastata nel profondo, ma nonostante questo ammetto di non essermi mai troppo soffermata su questi aspetti. Ho apprezzato moltissimo la tua bella digressione, rendendomi conto a poco a poco di quanto conoscessi superficialmente quest’uomo, senza mai prestare l’occhio a quanta rabbia, quanto dolore abbia dovuto sopportare ingiustamente.
Il tuo encomio è stato un bel tuffo nel passato, alla me che piangeva come una fontana per quest’uomo che mi aveva insegnato tante, troppe cose. E credo che questa storia gli rechi giustizia per tanti motivi, ma quello più importante è che Silente, in questo racconto, ci appare come un uomo, uno dei tanti, uno che non possiede l’idea ciò che succederà e non è onnisciente. È difficile figurarsi l’aspetto dell’uomo dietro Silente, perché nella nostra mente ci appare sempre pieno di risposte.
Forse è per questo che ho amato la tua storia, perché mi ha fatto ricordare che, a volte, anche quelli come Silente hanno emozioni, anzi; forse sono quelle più profonde.
Bravissima, una storia stupenda!

Totale: 36.6/40
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00mercoledì 19 maggio 2021 01:55
9° Classificata - CON UN SOLO SGUARDO DEI TUOI OCCHI. DI LAPACECHENONHO

- Grammatica e stile: 9.8/10
Il testo è grammaticalmente e ortograficamente corretto, ti segnalo solamente due piccoli errori, dovuti alla distrazione:
[…] non riusciva a smettere di pesare a Fleur Delacour. […] Errore di battitura, pensare. -0.10
[…] gli occhi di Fleur ogni volta che incrociava l’azzurro dei suoi occhi davanti allo specchio. […] In questa frase v’è una ridondanza della parola occhi, che nel secondo caso può essere omessa, è lecito sottintenderla – a meno che non si voglia esplicitare, in tal caso potresti sostituirla con un sinonimo, iridi o sguardo oppure con una metonimia. In questo caso, tuttavia, sottintenderla non snaturerebbe il senso della frase, cosa che tra l’altro si evince nella frase dopo, dove appunto il secondo termine è stato correttamente sottinteso. -0.10

Lo stile si presenta valido, senza sbavature nell’utilizzo delle congiunzioni. La punteggiatura è perfetta, ogni virgola e punto sono al proprio posto. La presenza di una interpunzione così massiccia predilige uno stile basato sulla paratassi, e solo in alcuni casi la lettura si forza un po’, laddove magari sarebbe stato meno difficile impiegare l’uso di qualche subordinata in più – anche se, in linea generale, il testo presenta una buona linearità e si lascia leggere in modo scorrevole.
Spendo anche qualche parolina in più per farti i miei complimenti per l’utilizzo puntuale delle drabble, sono state molto azzeccate, sia nel contesto da te descritto, sia come scelta narrativa, creando un meraviglioso scorcio di questi due personaggi. Brava!

- Caratterizzazione dei personaggi: 8/10
Nonostante l’uso delle drabbe, che avrebbe potuto comportare una perdita dei valori di questo parametro, un’introspezione generale dei due protagonisti c’è e si fa sentire in tutta la storia – sebbene spesso si evinca soprattutto dalle considerazioni che i protagonisti hanno dell’altro. Fleur e Bill si concedono uno spazio tutto per loro in questa storia che ha la tipica connotazione di missing moments, e devo dire che il risultato è davvero ottimo, in primis per il modo in cui hai saputo selezionare le varie scene, in secondo luogo per le descrizioni puntuali che inserisci all’interno delle situazioni, creando una raccolta di drabble che appare al lettore come una piccola collezione di memento atti a ricordare la storia di questi due personaggi.
La tua penna mostra una sensibilità piuttosto marcata, specie in alcuni momenti salienti in cui le personalità di questi due personaggi sembrano perdersi laddove inizia l’altro, in quell’amore vero e un po’ imbarazzato all’inizio, salvo poi riscoprirsi più riflessivo e maturo. Apprezzo sempre la climax all’interno di una storia e, seppur nella brevità delle drabble, sei riuscita a condensare benissimo gli IC di questi due personaggi, riuscendo a non snaturarli.
Nonostante questo, tuttavia, una caratterizzazione vera e propria, massiccia, che renda conto di entrambi, non è esattamente vistosa – non dico che non ci sia, però è abbozzata, senza alcun approfondimento.
Ad esserti onesta, credo che la storia vada bene così com’è, il crescendo della storia avrebbe dato poco senso alla successione delle scene, vanificando il tuo intento un po’ malinconico e un po’ evocativo, perciò non ho assolutamente nulla da contestarti, brava!

- Utilizzo del cliché: 14/15
Mi è piaciuto molto il modo in cui hai impiegato il cliché: amore a prima vista credo che sia uno dei luoghi comuni in assoluto più inflazionati e, a tratti, persino stomachevole. Ma che ci posso fare, sono una fanatica di cose trite e ritrite, anche se devo ammettere che non è questo il caso.
Hai scelto di usare il tuo cliché in maniera più che eccellente: la costante allegoria degli sguardi, il tuo soffermarti metodicamente sugli occhi, sul colore, sulle sensazioni che essi sono in grado di trasmettere, ho trovato tutto davvero molto ben scritto e realistico. Non ti dedichi a nessun prolisso vaneggiamento, ed ogni drabble sembra avere come unica costante gli occhi dei tuoi protagonisti, come a ricordare che essi sono lo specchio dell’anima e che non possono mai mentire.
Insomma, hai aggiunto qualcosa di tuo al cliché, sebbene esso non venga approfondito più del dovuto – la scena del loro primo incontro è piuttosto sommaria, ma trattandosi di una drabble non poteva che essere così, anche se ho considerato la frase: “Era come se quel primo sguardo ad Hogwarts fosse stato il sigillo di un amore eterno” poesia pura, e non è un iperbole, te l’assicuro. A tutto questo si associa l’ottima capacità di rendere, in poche righe, situazioni che normalmente necessiterebbero di un’intera one-shot per essere descritte – e qui sicuramente il tuo stile aiuta molto, in quanto sei stata molto accorta nei dettagli.
Rendere un cliché simile originale era al di fuori della mia portata, lo ammetto. Il tuo modo di delineare la vicenda mi ha entusiasmata, l’escamotage per rendere tutto facile da leggere e al tempo stesso profondo hanno fatto della tua storia un racconto che vale assolutamente la pena leggere. Complimenti.

- Gradimento personale: 5/5
In realtà, la cosa che più ho adorato di questa storia sono state le tue citazioni del Cantico, che ho trovato perfettamente in linea con la tua storia e con ciò che desideravi raccontarci. Questa è una storia nel complesso abbastanza breve, ma che vuol dire molte più cose di quelle che ci sono scritte: è una storia d’innamoramento e di come esso diventi amore, ma parla anche di angoscia, paura, sacrificio. Il tuo stile, da questo punto di vista, è stato parecchio evocativo, e ha reso la storia un’occasione su cui poter riflettere in qualche modo, qualcosa che riesce a scuotere la mente del lettore, portandolo a pensare. E le storie che fanno riflettere sono sempre le migliori.
Personalmente mi sarebbe piaciuto leggere molto di più su loro due – che, tra l’altro, non sono neanche annoverati tra le mie OTP –, ammetto di non essere mai stata granché al passo con questi due personaggi, che tuttavia per mezzo della tua penna mi sono arrivati dritto al cuore.
Una storia che tornerò sicuramente a leggere, che mi è piaciuta e che assolutamente consiglio per una bella lettura, bravissima!

Totale: 36.8/40
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00mercoledì 19 maggio 2021 01:57
8° Classificata - L’AMBIZIONE DI PERDERE DI LEGAR

- Grammatica e stile: 10/10
Questa storia merita un riconoscimento particolare su questo parametro. È stata la migliore in assoluto, da entrambi i punti di vista, sia quello grammaticale sia quello stilistico. Io davvero non saprei cos’altro dirti, se non che l’ortografia è a dir poco maniacale, il lessico preciso, perfetto per ogni scena che descrivi, persino il più insignificante dettaglio passa attraverso la tua scrittura sull’impaginazione, creando uno stile raffinato, ma mai banale, ricercato eppure non artificioso.
Ho riletto questa storia non so quante volte, ma non ho trovato nulla al posto sbagliato, neppure un becero errore di distrazione, nulla. Cioè, mi sono davvero impegnata per trovare qualcosa che non andasse e niente, non l’ho trovato.
Perciò che altro dire, questo punteggio è tutto tuo.

- Caratterizzazione dei personaggi: 9/10
La caratterizzazione di questi due personaggi, seppur non completamente soddisfacente in quanto esplicitata in un singolo episodio che lascia molto spazio all’immaginazione del lettore, l’ho trovata parecchio approfondita e d’effetto. Il clima che sei riuscita a creare all’interno di questa storia è un mix di sensazioni sensuali, ma anche angustianti: è un luogo freddo, caldo e freddo di nuovo. Come dire, un’altalena di emozioni continua, dove i personaggi stessi si ritrovano ad essere sfuggenti e non completamente afferrabili da chi legge.
Scorpius ti è uscito benissimo, un giovane che vorrebbe essere più uomo nonostante la sua età, che viene letteralmente mangiato da James Sirius, ma al quale non vuole cedere, non definitivamente. E James Sirius, con la sua sfrontatezza, non fa che accentuare questo aspetto del suo carattere, con una malizia ed un atteggiamento che definirei in molti modi, ma mai volgare: persino la scena culmine è fitta di passione, segreto e proibito, ma non è un banale abbozzo erotico senza capo né coda. È un rapporto morboso, che uno non ha problemi a mostrare, mentre l’altro si ritrova sul ciglio d’un precipizio. C’è una squisita capacità di plasmare la situazione, un connubio di sentimenti contrapposti, ma non paralleli, bensì coincidenti in un unico punto, quello dove entrambi sono a disposizione dell’altro, salvo poi fare marcia indietro. Questo prendere e lasciare permea un po’ tutta la storia, e la rende bella da leggere, vivida subito dopo la lettura: qualcosa che colpisce, dando l’impressione di essere un continuo loop verso uno scioglimento finale che, in realtà, non c’è.
Sicuramente mi sarebbe piaciuto che tu approfondissi un po’ questo rapporto, anche se forse non ce n’è stato il tempo, almeno non per questa storia. Eppure, nonostante non si esplicitino in maniera profonda le introspezioni dei due personaggi, quello che noto è un profondo equilibrio tra ciò che viene detto e ciò che viene dedotto dal lettore per mezzo di frasi puntuali, che lasciano intendere tutt’altro rispetto a ciò che viene comunicato dai due protagonisti, creando un continuo gioco degli equivoci che entusiasma molto la lettura.
Sono stata contentissima di averla letta, complimenti.

- Utilizzo del cliché: 13/15
Il cliché ti amo, ma non posso averti è un sempreverde del romanticismo più spinto e banale, ma in questo caso assistiamo ad un rapporto ch’esula dall’amore: è un’appartenenza, un attaccamento morboso a qualcosa che non è possibile definire. E forse non è neanche solo sesso, ma non è amore, né infatuazione.
È desiderio, nella sua forma più pura ed è persino ambizioso, perché quella competizione che s’è creata all’interno dell’ambito sportivo sembra aver compromesso un rapporto che, nel tempo, è diventato altro: ossessione? Voglia di poter avere altro? Fascino per il proibito? È una domanda che il lettore si porta dietro per tutto il tempo, rimuginando e cogitando sul perché questo rapporto non possa esistere.
E anche l’alternanza tra ciò che dimostra James Sirius e quello che invece prova Scorpius è una lotta costante, di sguardi in continua sfida, di piccole vendette, ma mai di allontanamento che sia davvero definitivo. Salvo poi scoprire che, alla fine, una fine ci sarà eccome.
Avrei preferito che ti soffermassi un po’ di più su questo aspetto, sulle motivazioni concrete che spingono i due protagonisti a cacciarsi e a fuggire, come una continua stagione di caccia – sebbene fin dai primi momenti sembri già chiaro chi giochi la parte del cacciatore e chi della preda, anche se v’è modo di pensare ad uno scambio nel corso della storia.
A parte questi accorgimenti, che non penalizzano comunque la buona riuscita del racconto, questo piccolo momento tra questi due protagonisti appare realistico e così dettagliato da non lasciare dubbi circa il suo complesso sviluppo, tanto da far arrivare il lettore a chiedersi cosa possa accadere dopo un episodio del genere.
Io l’ho adorato davvero, sei stata bravissima!

- Gradimento personale: 5/5
Non saprei più neppure in che lingua dirti che ho adorato questa storia sotto ogni aspetto, da quello meramente grammaticale a quello più profondo. Ammetto di non essere una grande amante della nuova generazione – complice la mia ottica conservatrice che mi rende sempre scettica nei confronti dei nuovi pischelli –, ma questo racconto mi ha fatto davvero ricredere. Ho adorato ogni sillaba, ogni singolo istante, soprattutto la sensibilità e la delicatezza con cui hai descritto la scena erotica: sono così abituata a leggere di meri volgarismi, che leggere il tuo tocco di stile ha impreziosito la storia, recando giustizia ad un attimo proibito ed intimo, bello da leggere e facile da immaginare. Anche le sequenze narrative tra un intermezzo e l’altro sono descritte in maniera perfetta, sembra quasi di trovarsi dentro agli spogliatoi insieme a loro due.
Spero davvero che continuerai a scrivere di loro, perché ti sono usciti alla perfezione e sarebbe meraviglioso sapere che continuerai questa storia, mi troveresti in prima fila a leggere come una matta – di due a cui, sono sincera, non mi sono mai realmente interessata.
Complimenti. È stata una storia che mi sono portata nel cuore fino alla fine, e forse una delle mie preferite di tutto il contest!

Totale: 37/40
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00mercoledì 19 maggio 2021 01:58
7° Classificata - YOU CAN’T STOP THE BEAT DI SETSY

- Grammatica e stile: 9.6/10
La storia, dal punto di vista grammaticale, non presenta alcun errore grossolano che intacca la lettura, che rimane fluida e piacevole. Unici piccoli errori:
[…] si accoccolò tra le bracca dell’amica […] Errore di battitura, braccia. -0.10
[…] a mezza bocca mente si immaginava la scena […] Errore di battitura, mentre. -0.10
[…] aveva salvato a vita due […] Errore di battitura, la vita. -0.10
[…] cambio di peso veloce […] Errore di distrazione, cambio di passo. -0.10

Lo stile è stato ineccepibile, tempo della narrazione preciso, dialoghi effervescenti e divertenti; ma la cosa sicuramente che attira l’attenzione dei lettori è la tua particolare propensione alla minuta descrizione degli ambienti, così accurata da non far lasciare inosservato neppure il più minuscolo dei particolari. Ho apprezzato moltissimo le location delle festa, il tuo modo di esprimerle, e adoro il tuo stile che s’interfaccia sia con coordinate in congiunzione, sia con l’uso puntuale di alcune subordinate che sveltiscono la lettura.
Anche la punteggiatura è usata in maniera più che eccellente, spezzando il testo nei punti giusti.
I dialoghi sono meravigliosi, soprattutto sul finale, dove alterni frasi pronunciate da Damon ed espressioni che esulano da queste ultime, mostrando precisamente le reali emozioni del fratello maggiore dei Salvatore.
Un lavoro stupendo, ben fatto!

- Caratterizzazione dei personaggi: 8.5/10
La storia ha chiaramente l’intento narrativo dalla sua, però devo ammettere che c’è stata comunque una buonissima introspezione dei personaggi, in particolar modo di Elena e, in parte, anche dei fratelli Salvatore. Ho apprezzato molto il sipario che hai creato per Elena e Bonnie, in cui ti soffermi sull’aspetto di Elena vampira, analizzando la sua situazione, seppur in maniera molto veloce, fino a quel momento. Elena è un personaggio che si considera piuttosto controverso all’interno di TVD, ma è anche quello che si presta maggiormente all’introspezione – e in questo senso il modo in cui hai saputo delinearla è stato davvero efficacissimo.
In generale tutti i personaggi, seppur non approfonditi fino al midollo, si presentano IC, Caroline in particolar modo: per quanto possiamo adorare questo personaggio – almeno per quanto mi riguarda è il mio preferito – rimane pur sempre la stessa donnetta isterica assetata di vittoria di sempre – e noi l’adoriamo anche per questo.
Mi è piaciuto anche il finale, con Stefan che decide di unire le feste e che concede il ballo a Caroline – quasi fosse una specie di premonizione a quello che succederà dopo. L’intermesso con Tyler l’ho trovato ben impostato e per nulla forzato.
Sicuramente l’introspezione dei personaggi – eccetto Elena – rimane molto in superficie, ma va benissimo così, almeno per il fine che la storia intendeva raccontare – si fosse trattato di una storia introspettiva avrebbe sicuramente avuto il suo peso.
Piccolo encomio che faccio qui, perché inerente con la caratterizzazione: ho molto stimato l’introduzione dell’argomento Bonnie sul carro della sfilata, era qualcosa che aveva lasciata perplessa anche me, per cui ho apprezzato moltissimo questo tuo inciso – polemico o no sono d’accordissimo con te.
In linea generale è un parametro che considero più che soddisfacente, brava!

- Utilizzo del cliché: 15/15
Qui, onestamente, il punteggio era un po’ scontato. È stato uno dei cliché meglio impiegati nel contest, e tra l’altro – per quel che mi riguarda – hai scelto uno dei fandom che più si prestava a questo luogo comune: ci siamo innamorate tutte di TVD anche per questa propensione alle feste che ci hanno sempre fatto un po’ sognare, un po’ invidiare di non aver vissuto mai un vero e proprio prom. Nella tua storia c’è tutto quello ch’è tipico del cliché, con l’aggiunta della rivalità tra Caroline e Rebekah che ho trovato davvero molto azzeccata per il contesto da te scelto.
E ci troviamo in presenza di non uno, ma ben due balli scolastici, in cui la lotta per diventare Re e Regina viene quasi messa in secondo piano rispetto a chi vincerà la gara per la festa più bella: le tue descrizioni sono state sicuramente fondamentali per il punteggio pieno, perché concedono giustizia a quei luoghi fitti di lustrini, paillettes e punch, con gente che sogna, nonostante sia solo un ballo. Un ballo, che vale una vita.
Nella tua storia il lettore trova tutto quello che può volere da un cliché: una lettura d’immersione, che ti fa vivere i personaggi, le loro emozioni, e persino quelli più ostili – come Bonnie – trovano un’occasione per riscoprire il piacere, la tranquillità, la serenità.
La chiave più ironica di vedere la vicenda risulta essere proprio questo punto, per noi il prom è qualcosa che vediamo quasi come una notte magica, ma per un universo in cui vampiri, licantropi, ibridi vanno in giro con la stessa tranquillità con cui noi andiamo a fare la spesa, il prom per loro è qualcosa di così banale da essere piacevole.
E beh, la scelta di far ricadere la corona di Re e Regina su Stefan e Caroline, sinceramente, l’ho trovato un tocco davvero di classe.
Bravissima!

- Gradimento personale: 4.5/5
Io ho amato profondamente questa storia, mi ha riportato indietro, ai tempi in cui TVD era all’apice del successo e della bellezza – prima di perdermi all’interno di una trama più intricata di quella di una soup. Questo tuo racconto mi ha fatto ricordare il primo ballo tra Damon ed Elena, mi ha fatto tornare a sognare come facevo da adolescente, la prima volta che ho messo gli occhi su Ian e Nina, sperando che un giorno potessero stare insieme. E nella tua storia, eccoli proprio lì, innamoratissimi. Mi si è sciolto il cuore.
Caroline, poi, è stata magica, come sempre. È stata il mio personaggio preferito per così tanto tempo che neppure ricordo quand’è che ha cominciato a piacermi così tanto. Aggiungo anche che penso di essere stata una delle più assurde e sfegatate fan della coppia Klaus x Caroline, nonostante come sia finita – ho ancora il nervoso, guarda.
Ho sempre considerato Stefan e Caroline un po’ forzati, eppure devo dire che in questa storia mi hanno fatta sciogliere come una candelina scema. In questo sei stata superba, davvero.
Ripeto, la storia mi ha colpita sotto molti aspetti, ma quello delle descrizioni è stato a dir poco perfetto: sei riuscita a fare entrare il lettore in un’atmosfera onirica, così ben descritta da sembrare di essere lì a danzare insieme agli altri studenti di Mystic Falls, e questo ha avuto un impatto davvero formidabile sulla lettura.
Brava, brava, brava. Una storia stupenda.

Totale: 37.6/40
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00mercoledì 19 maggio 2021 01:59
6° Classificata - NADINE, UNA RAGAZZA DEL XXII SECOLO DI ETHORS

- Grammatica e stile: 8.8/10
La storia si presenta, nel suo complesso, ben scritta, ma con alcuni errori grammaticali che preferisco segnalarti:
[…] non passava inosservato e che preferisce la solitudine per rilassarsi. […] Per rispettare la consecutio temporum è corretto scrivere preferiva, mantenendo i tempi al passato. -0.20
[…] gran parte del suo tempo la passava […] Errore di battitura, lo passava. -0.10
[…] gli sembrò scortese impicciarsi ora […] Ora è un avverbio che viene generalmente usato coi tempi del presente o del passato prossimo, comunque un’azione recente. Essendo il testo nel passato remoto, sarebbe stato più opportuno utilizzare la perifrasi in quell’istante, in quel momento. -0.10
[…] avesse in ormai in odio […] C’è un in di troppo prima di ormai. -0.10
[…] le confesso quanto avesse in odio i corpi artificiali […] Errore di battitura, confessò. -0.10
[…] di quanto quella casa le sembrasse ora vuota e triste senza di lei […] Quel le sembrasse in realtà si riferisce a Jerome, quindi va corretto al maschile, gli sembrasse. -0.10
[…] si decise di andarla a cercare […] Decidersi è un verbo riflessivo che richiede la preposizione a, decidersi a fare qualcosa, altrimenti per mantenere la preposizione di è più opportuno il verbo decidere, decidere di fare qualcosa. -0.10
[…] Nadine era terra […] Manca una a, era a terra. -0.10
[…] ed ora lui attendeva […] Stesso discorso di prima, ora al tempo passato ha un utilizzo improprio. -0.10
[…] Non voglio che tu ne vada così… […] Manca un te, che tu te ne vada così. -0.10
[…] un passo in dietro […] Indietro va scritto tutto attaccato. -0.10
[…] io portò anche perdonarti […] Errore di battitura, potrò. -0.10

Per quanto riguarda lo stile, invece, mi è piaciuto molto. Risultava, per un contesto futuristico come il tuo, piuttosto complicata la sequenza narrativa, che spesso – com’è giusto che sia – accorpi a quella più descrittiva. Questo, che avrebbe potuto essere un problema, data l’incredibile mole d’informazioni all’interno del racconto, in realtà è stato uno dei punti di forza della storia: descrizioni puntuali, con spiegazioni semplici, termini semanticamente appropriati e sequenze narrative che s’introducono perfettamente, lasciando però anche spazio ai dialoghi. Nel complesso ho davvero apprezzato il tuo stile, poco eccentrico e molto semplice – scelta azzeccatissima, data la complessità delle tematiche hai trattato.
Ottimo lavoro, bravo!

- Caratterizzazione dei personaggi: 9/10
La caratterizzazione dei personaggi è stato forse, insieme allo stile, il parametro che mi ha soddisfatta di più. Sei stato molto accorto nell’introspezione di entrambi i personaggi, soffermandoti su aspetti della loro psiche decisamente originali e mai scontati.
Partendo da Jerome, ci appare fin da subito come un personaggio che, seppur giovane, caratterialmente sembra mangiato da tormenti e isterismi, complice il lavoro che non lo gratifica e la sua evidente avversione per gli androidi. Il suo modo di pensare rispecchia, forse, l’ultima cortina degli umani che non si sono ancora del tutto abituati alla coesistenza con le macchine, il che spiega il suo “isterismo” interiore, la sua insofferenza ad un mondo che ha rimpiazzato persino le più banali emozioni umane con qualcosa di costruito, di finto, in fondo. Mi è piaciuto questo tuo modo di rendere il personaggio, che appare come il classico anti-eroe con una trama a sfondo futuristico – non certamente uno dei miei preferiti, ma in questo caso l’ho trovato davvero stupendo. E, per logica conseguenza del suo modo di pensare, sembra quasi che il tuo protagonista sia destinato ad incontrare Nadine, che fin da subito il lettore riesce a comprendere come non si tratti di una persona comune – dato anche dalla conversazione avuta al telefono, che già fa sospettare.
Nadine, al contrario di Jerome, ci appare come una ragazza impacciata, solare, allegra – mediante l’intermezzo narrativo – e con una gran voglia di vivere. Insomma, se a Jerome si accostano una iniziale moltitudine di sentimenti pressoché negativi, Nadine funge da raggio di sole in un’esistenza – quella del ragazzo – altrimenti grigia.
Ed ecco che ci troviamo nel momento di rottura, un momento particolare in cui ti soffermi parecchio su ciò che provano, sentono i protagonisti: Jerome con la sua paura che Nadine possa mentirgli – geniale lo stratagemma della modalità testimone – e Nadine che cercherebbe di fare tutto quello che è in sua vece per aiutarlo a crederle di nuovo, salvo poi capire entrambi che amore è amore, sia esso frutto di circuiti artificiali o di pelle e ossa.
Ho trovato un po’ affrettato l’epilogo, in cui avresti potuto soffermarti un po’ di più sulla vicenda, di per sé piuttosto avvincente, del sabotaggio dei quattro “terroristi”, ma mi rendo conto che la storia sarebbe poi risultata forse un po’ troppo lunga.
Nel complesso, tuttavia, sono contenta di questo parametro.

- Utilizzo del cliché: 15/15
Amore a prima vista è un cliché che in questa storia ci calzava a pennello, e devo dire che l’hai impiegato in maniera ottimale: un incontro del tutto casuale, un orsacchiotto che cade, una scusa per poterle parlare e, all’incrocio di uno sguardo, l’amore. Ammetto che l’hai usato in maniera più che da manuale, il che – ovviamente – mi è piaciuto da matti. Anche la successione narrativa da te impiegata rispecchia molto la modalità del cliché, in quanto subito ci racconti dell’evolversi del loro rapporto, di come vanno a vivere insieme, delle abitudini dell’uno e dell’altro, delle liti, delle incomprensioni e delle riappacificazioni, soffermandoti molto su quello che è il punto del protagonista, Jerome, il quale sembra vivere in un’atmosfera che potremmo definire, a tutti gli effetti, onirica: è come se fosse stato catapultato all’interno di un sogno ad occhi aperti, un sogno lucido che gli permette di fare qualsiasi cosa lui voglia – e anche qui il cliché è stato rispettato perfettamente.
Nella seconda parte del racconto, invece, assistiamo all’evolversi di questo amore a prima vista, fagocitato dai dubbi e dalle incertezze, perché Nadine, in realtà, non è ciò che Jerome pensava che fosse. Catapultare il cliché in questo capovolgimento comportava un rischio molto grande – si rischiava di perdere di vista il senso principale della storia – e tu sei stato molto bravo nel ricucire insieme il filone narrativo senza perderti in digressioni inutili.
Nel complesso posso affermare che sia stato un cliché perfetto per la storia che hai raccontato e che rispecchia in massima parte quella che, alla fine, è un’emozione del tutto umana, mostrando come anche Nadine sia capace di un sentimento del genere – in realtà, se proprio devo esserti onesta, mi è parso molto simile per certi aspetti al film l’Uomo bicentenario con Robin Williams, pellicola a cui sono molto affezionata.
Veramente una gran bella storia e un gran bel cliché, complimenti.

- Gradimento personale: 5/5
Sarò onestissima, io non sopporto granché gli scenari futuristici – sono cresciuta con uno zio fisico nucleare mezzo pazzo che non faceva che rifilarmi romanzi di Asimov –, perciò dopo anni di letture mi sono molto allontanata dal genere.
Questa storia, tuttavia, dal mio punto di vista la trovo particolarmente attuale. Non appare per nulla come un universo molto distante da noi, e ho apprezzato tantissimo le tue note a margine per far meglio comprendere al lettore ciò di cui si sta parlando.
Sei stato molto dettagliato, ti sei soffermato su descrizioni ch’erano necessarie per la prosecuzione della lettura, ma mai soffermandoti su vagheggiamenti fantascientifici, ma rimanendo sempre fedele al testo e a ciò che stavi raccontando.
Si nota fin dalle prime righe che hai impiegato molta passione e ingegno per scrivere una storia di questo tipo e ci sono delle trovate narrative che io ho considerato geniali – la modalità testimone, il sensore delle auto, persino l’incontro tra i due in cui Jerome chiede a Nadine se le sembri un’opera di un umano o di una macchina. Ci vuole una fantasia senza eguali per creare una storia di questo tipo, e sono contenta di aver potuto leggere, almeno per una volta, qualcosa di diverso, ma che non fosse così fantascientifico da risultarmi irreale. Il tuo racconto, proprio perché non esagera con descrizioni al limite del possibile, mi sembra con i piedi ben piantati per terra, perciò lo dico: è il primo racconto di questo genere che rileggerei volentieri!

Totale: 37.8/40
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00mercoledì 19 maggio 2021 02:00
5° Classificata - WATCH YOUR WORDS - OR YOUR WORDS MIGHT DROWN YOU DI KIM_

- Grammatica e stile: 9.8/10
Una delle storie migliori dal punto di vista grammatica, ho notato solamente due piccolissime sviste:
[…] Non li frequento più come un tempo perché non voglio spiegargli da dove arrivano i soldi che gli mando […] Rivolgendosi al plurale, è corretto sostenere la pluralità degli individui con mando loro. -0.10
[…] io e Dave ci siamo sempre presi […] Errore di trascrizione, Io. -0.10

Ho apprezzato molto la crudezza del tuo stile. Narri di una vicenda a tinte fosche che mi ha colpita moltissimo, e lo stile è stato sicuramente un punto d’appoggio fondamentale: in questo caso, oltre alla sequenza dialogata che ho trovato fortemente d’impatto, ho stimato di gran lunga le digressioni inerenti al passato di Ethan e al suo mondo, riscoprendomi un po’ alla volta coinvolta dalle vicende del protagonista, soffermandomi sugli aspetti più particolari della sua personalità e del suo carattere. Ed è evidente che lo stile, in questo caso, abbia fatto un po’ da contraltare, dosando in qualche modo questo racconto dai toni cupi, dai significati molto profondi e – soprattutto – mutevoli: in un gioco dove non si comprende bene chi è il buono e chi è il cattivo, fino alla fine, questo tuo stile crudo, spiazzante dona un senso di coinvolgimento nella storia che è davvero stupefacente.
Bravissima!

- Caratterizzazione dei personaggi: 8.5/10
Essendo la storia una sorta di prosecuzione di uno dei tuoi personaggi, mi rendo perfettamente conto che questo parametro fosse un po’ astioso. Tuttavia, nonostante il racconto si basi in massima parte sulla narrazione – in altre parole su un vero e proprio sketch –, fornisci una descrizione piuttosto accurata del tuo protagonista, in particolar modo fornendo dettagliate informazioni sull’ambiente, sul contesto che lo circonda. Ethan appare fin da subito come un personaggio perso nel limbo tra pro e contro, in cui il lettore è perfettamente conscio che egli non sia esattamente uno dei buoni, tuttavia non può fare a meno di simpatizzare per lui, per il suo modo d’essere e di concepire la vita.
In questo grigiore di sfumature, Ethan la fa da padrone per tutto il testo, dimostrando sagacia, furbizia, arte della parlantina e persino una buona dose di coraggio. Ovviamente, per quanto mi riguarda, la storia aveva il fine di narrare una scena, un racconto, quindi mi rendo perfettamente conto che questo sarebbe andato comunque ad intaccare l’introspezione – anche se, in effetti, non è stata affatto mutilata, perché essa c’è ed è anche piuttosto accurata, sebbene non presenti una caratterizzazione esclusivamente dedicata al personaggio, ma piuttosto una di cui ti sei servita per poter narrare questa storia. L’ho trovata una scelta molto saggia, ad esserti onesta.
Mi rendo conto anche che Ethan, essendo un personaggio creato prima di questa storia, possegga un insieme di fattori esperienziali che in questo caso vengono anche in parte sottintesi – com’è giusto che sia.
Personalmente ho trovato questo personaggio davvero originale. Non solo perché si trova all’interno di un ambiente cupo e misterioso, a tratti quasi surreale, ma anche perché appare come il classico antieroe dalle fattezze a dir poco malvagie. Ed io adoro il confine tra bene e male, in questo caso Ethan rappresenta proprio quel confine.
Mi è piaciuto un sacco, brava!

- Utilizzo del cliché: 15/15
Se sulla caratterizzazione mi sono lasciata qualche rimpiantuccio alle spalle, mi sono rifatta con questo splendido uso del cliché, e mi preme narrarti un aneddoto importante e ridicolo al tempo stesso: il tuo “cattivo” mi ha presa talmente tanto col suo discorso che mi sono ritrovata a chiedermi: “Ma dov’è il cliché?”
Cioè. Io ero morta, piegata in due per quel soliloquio a voce incazzata, che non mi ero neppure resa conto che il cliché rappresentasse un buon settanta percento dell’intera storia. Ti giuro, l’hai reso in una chiava così drammatica, che ci ho messo del mio per comprendere che il cliché fosse il cattivo loquace – e ho riso, pensando che drammaturgo migliore non l’avresti potuto creare in alcun modo.
C’è anche un non so che di parodico, un tizio gigante che si lascia andare ad un’elucubrazione così pesante da non rendersi conto che Ethan è stato in grado di slegare i nodi – e anche questo l’ho trovato perfettamente in linea con il cliché, a mo’ di Gatto Silvestro che parla e Titti che se la fila via.
Generalmente il cattivo loquace viene sempre visto in chiave logorroica e esilarante, invece nella tua storia assume tutt’altra connotazione – e qui scatta la tua eccellente originalità. Questo ragazzo, in realtà, sta solamente cercando di vendicare suo fratello, in modo forse improprio, ma lo fa spinto da sentimenti veri, puri aggiungerei. In qualche modo, durante il monologo, il lettore riesce perfettamente a comprendere le ragioni che spingono l’uomo a trattare così Ethan – e prima di scoprire che lui non c’entra niente, ammetto che anche io ho dubitato un po’ del protagonista.
Insomma, un cliché impiegato benissimo, con il flusso di pensieri di Ethan che aggiunge una chiave ironica perfettamente in linea con la storia.
Grandioso davvero.

- Gradimento personale: 4.7/5
Appena ritroverò un po’ di tempo perduto, mi fionderò sul tuo profilo a cercarmi altre storie di Ethan – che poi sarà un caso, ma tra te e Soul ormai gli uomini che m’affascinano si chiamano tutti così, ahah. Tornando serie, è un personaggio con un potenziale davvero enorme, è incredibile come tu sia riuscita a renderlo, seppur in una storia non particolarmente lunga, così vivido, plastico.
Ho adorato anche tutte le tue descrizioni, i dettagli più piccoli, ma soprattutto la capacità di reazione di Ethan, la sua capacità di prendere decisioni e persino la scena della fuga, che ho trovato di una scorrevolezza stupenda – una gioia per la lettura. Il paradosso è che, sebbene Ethan non sia un personaggio granché positivo, alla fine finisci comunque per simpatizzare per lui, per la sua visione del mondo, che forse è un po’ distorta, ma in fin dei conti chi non ne ha una così?
Una cosa che ho sempre notato dei tuoi personaggi è che essi hanno sempre una storia da raccontare, ed ognuno di loro lo fa a modo proprio, secondo ciò che sente e pensa. In questo senso, penso che tu sia una delle autrici più in gamba da questo punto di vista, capace di entrare così a fondo nella pelle dei personaggi quasi da prenderne il posto, e questo ti rende davvero tanto onore, perché dimostra l’affinità che hai con ciò che scrivi – non lo fai per compiacere la massa, lo fai prima per te stessa.
Ethan è un po’ la somma di questo tuo stile così originale, ed è forse il personaggio più bello di cui ho letto, almeno in questo contesto.
Che dire, storia bella, peccato che non fosse più lunga!

Totale: 38/40
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00mercoledì 19 maggio 2021 02:01
4° Classificata - FA MALE MORIRE? DI DUCHESSA712

- Grammatica e stile: 9.7/10
Grammaticalmente la storia non presenta errori degni di nota, ti segnalo solo alcune imprecisioni di carattere ortografico:
[…] non è sicuro se siano causato […] Errore di battitura, causate. -0.10
[…] da Mary e Edit […] Qui c’è un errore dovuto alla preposizione sbagliata, dovrebbe essere tra; in più il nome Edith si scrive con l’h finale. -0.20

Utilizzi uno stile molto semplicemente, avvalendoti spesso di frasi brevi, che il lettore possa comprendere in maniera lineare, senza l’utilizzo a sproposito delle subordinate troppo eccessive. La spaziatura in paragrafi mi ha convinta, ha reso la lettura molto più piacevole anche dal punto di vista dell’impaginazione, meno invece lo ha fatto la punteggiatura: spiego, non è che l’interpunzione sia sbagliata, al contrario, ma in alcuni punti l’assenza di virgole rende molto veloce la lettura e, in rare occasioni, un po’ caotica, ma è una scelta che va bene se l’hai fatto per aumentare il ritmo della narrazione, magari conferendole un timbro decisamente drammatico – che data la situazione non avrei problemi a rendere plausibile.
Il tuo stile, almeno in questa storia, si avvale anche di una sequenza anaforica che rende tutta la lettura un calvario psicologico del protagonista, un modo per “vomitare” via tutto il suo vissuto, le sue esperienze. Ho apprezzato molto questo flusso andante e disperato, brava!

- Caratterizzazione dei personaggi: 9.5/10
Hai scelto un personaggio davvero complesso da caratterizzare, ma sono rimasta piuttosto soddisfatta di come sei riuscita a dipingerlo. L’ho trovato perfettamente in linea con il personaggio principale, un IC sicuramente azzeccato: l’abbiamo visto sempre come una persona fitta di personalità, ma anche di rimpianti, risentimenti – basti pensare quando descrivi la morte di Lavinia. Il suo tormento interiore, la sua angoscia, il suo voler essere infelice lo portano in uno stato di semicoscienza che ho apprezzato molto.
Ma non ti limiti solo ad una questione mentale, tu ci narri con dedizione per i particolari, un Matthew devastato anche dal senso opprimente di una vita che non capisce, che non comprende – e qui ce lo dimostri con la morte di Sybil, con Matthew che non sa neppure come mettere in fila i pensieri. In pratica, ci dimostri come un essere umano arrivi a non riuscire più a razionalizzare nulla, a diventare vittima degli eventi – le bombe, la polvere, la stanchezza.
Matthew Crawley, in questa storia, appare per ciò che è: una persona come tante, un uomo che è stato dilaniato dalla vita ma che, fino all’ultimo, non ha voluto cedere ad essa. Un uomo che ha stretto i denti, che s’è fatto giudizio da solo, che si è processato e condannato da solo, ma che ha ritrovato un modo per vivere attraverso Mary. Banalmente, è l’amore che ha fatto sì che lui non perdesse, che potesse dimostrare ancora qualcosa. È una prospettiva che, in qualche modo, consola il lettore, lo rende consapevole di come il mondo sia uno schifo, ma come qualsiasi cosa, la più piccola cosa, possa renderlo un posto migliore, un posto da chiamare casa. E qui ci descrivi Downtown Abbey, prima con gli occhi di uno sconosciuto, poi con gli occhi dell’uomo che ha imparato ad amare; dapprima una prigione, poi una casa, in un rovescio a dir poco raffinato e ben scritto.
Sarebbe stato perfetto se tu ti fossi soffermata un po’ di più su Mary, ma non mi lamento affatto, al contrario: la scena finale è carica di un pathos così struggente da farmi piangere – tenendo conto che ho la lacrima facile, sei stata davvero bravissima.

- Utilizzo del cliché: 15/15
L’utilizzo di questo cliché non era facile, e ho apprezzato moltissimo il tuo modo d’impiego. In realtà tutta la storia è il cliché, perché fin dall’inizio assistiamo ai ricordi di Matthew, che si presentano come uno l’incubo dell’altro: verso la fine, quando la scena si apre, quando tutto sembra andare per il meglio, il lettore scopre che in realtà stai raccontando la morte di Matthew, e i suoi ultimi istanti di vita prima dello schianto. Gli incisi tra parentesi aumentano la drammaticità di questa sequenza, facendoci comprendere come Matthew sia, invero, ancora cosciente, e comprende che sta per morire, nonostante sia questione di brevi attimi.
[…] Matthew non lo sa ancora perché era troppo occupato a rubare ogni attimo di vita dai ricordi, a bearsi della felicità, ad indignarsi per le ingiustizie, a commuoversi per le vittorie, che non ci ha neanche fatto caso se morire faccia male o meno […] Di per sé, questa frase da sola basta a darti il pieno punteggio, perché rappresenta una summa di una storia bella, troppo bella, che ci racconta la vita di questo personaggio in chiave completa: l’amore, le ingiustizie, la rabbia, la frustrazione, la rassegnazione. E tuttavia, in questa frase, ci lasci un che di speranzoso, come se la morte non gli avesse fatto così male. Una prospettiva che incute dolore, ma anche un vago senso di tranquillità, che porta il lettore alla totale accettazione di questo finale amaro, tuttavia dolce.
Insomma, questo cliché è stato a dir poco perfetto per ciò che stavi raccontando, e ammetto che ha superato ogni mia più rosea aspettativa. Non sono neanche stata granché empatica con questo personaggio, ma grazie a questa storia sono riuscita seriamente a commuovermi, perciò complimenti!

- Gradimento personale: 4/5
Downtown Abbey, da quando avevo cominciato a vederlo, era ogni volta un tuffo al cuore. Praticamente una carneficina di persone alle quali mi affezionavo – un po’ il Game of Thrones degli anni 1910. Tuttavia, è una serie che mi è sempre piaciuta, carica di valori e d’insegnamenti. Nella tua storia, tuttavia, oltre a questo ci sono dei sentimenti irriducibili, emozioni che non mi capitava di provare da tanto tempo: il tuo Matthew è un personaggio che mi appare come se non l’avessi mai davvero conosciuto, un personaggio dalla personalità forte, ma distrutta. E si sa, i cocci da rimettere insieme fanno comunque vedere le crepe. Ecco, il tuo Matthew mi è sembrato un vaso, un bellissimo vaso ch’è caduto tante, troppe volte e che ha provato a rimettersi insieme ogni volta. Si dice che siamo più interessanti quando ci portiamo addosso le cicatrici, le nostre crepe, e per Matthew è proprio così, un personaggio sul quale ti sei soffermato e con cui il lettore non può fare a meno di simpatizzare, sperando che vada a finire in modo diverso.
Ho gradito tantissimo questa storia, grazie!

Totale: 38.2/40
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00mercoledì 19 maggio 2021 02:02
3° Classificata - SENZA GHIACCIO, PER FAVORE DI BESSIEB

- Grammatica e stile: 8.5/10
Ci sono un po’ di errori di distrazione o battitura, tenendo conto che si sta parlando di una mini-long li ho trovati piuttosto normali. In generale la storia non presente errori ortografici di grande rilevanza. Per scrupolo, ti segno quelli che ho riscontrato nella lettura:
[…]con una spolverata ti cacao sopra – ma senza zucchero, per favore. […] C’è un piccolo errore di battitura, di cacao. -0.10
[…] «Non voglio dover ricominciare tutto d’accapo». […] L’avverbio da capo, nel suo uso moderno, ammette solo la forma dovuta a crasi, daccapo, mentre la forma apostrofata non è ammessa. Però suppongo che sia stata una svista perché in tutti gli altri casi l’hai scritto correttamente. -0.10
[…] a regalarle un silenzio disorientata. […] C’è un errore nella concordanza sostantivo-aggettivo, disorientato. -0.10
[…] mojito ed eppure fuma […] C’è una doppia congiunzione, l’avversativa eppure rende inutile il precedente ed, che risulta ridondante. -0.10
[…] e scoprire anche la voce appare diversa […] Qui manca un che esplicativo, che anche la voce appare diversa. -0.10
[…] cos’è ha fatto, di così grave, per impedire […] Errore di battitura, c’è un è di troppo. -0.10
[…] che Asahi comunque non sarebbe darle […] Errore di battitura, saprebbe. -0.10
[…] a guardalo in silenzio sotto uno strato di polvere […] Errore di battitura, guardarlo. -0.10
[…] ma a volta, bisogna cedere qualcosa […] Errore di battitura, a volte. -0.10
[…] l’ha raggiunti in America […] Errore di battitura, raggiunto, oppure li ha raggiunti¸ se s’include anche Asahi – anche se non mi sembra questo il caso. -0.10
[…] Suga ha le maglietta sporca di caffè è cacao amaro […] Errori di battitura, la maglietta e sporca di caffè e cacao amaro. -0.20
[…] tono di voce sempre più bassa […] Qui c’è un errore nella concordanza sostantivo-aggettivo. Bassa dovrebbe riferirsi a tono e non a voce, in quanto esso è complemento di specificazione, per cui basso. -0.10
[…] Ma notizie di Yū, quelle mani […] Errore di battitura, mai. -0.10
[…] anche se quel semplicemente movimento ha il potere […] Errore di battitura, semplice. -0.10

Per quanto riguarda lo stile, come sempre l’ho trovato perfetto. L’unico appunto è, a volte, l’uso degli incisi. Da grande amante degli incisi, specie perché in questo caso riconducono a voci fuori campo per così dire, non ho nulla da dirti, se non che in alcuni momenti risulta un po’ complicato riprendere il filo del discorso, in qualche punto magari ho riletto per accertarmi di dare una prosecuzione alla storia, ma al di là di questo non ho riscontrato alcun problema nella lettura, anzi come sempre l’ho trovata scorrevole e ben scritta.

- Caratterizzazione dei personaggi: 10/10
Ovviamente, neanche a dirlo, questo è stato uno dei punti di forza migliori della storia – se non il migliore in assoluto. Dunque, mi piacerebbe andare per gradi e descriverti passo passo la mia decisione in merito a questo punteggio. Normalmente chi sceglie di utilizzare l’OOC commette a volte l’errore di stravolgere l’essenza dei personaggi, al punto da lasciare a quel personaggio solo il proprio nome. Il tuo OOC, al contrario, è pienamente giustificato – a maggior ragione perché si parla di una what if. Il mio punto di vista, in questo caso, rappresenta come si muoverebbero i personaggi se avessero vissuto quelle esperienze, e mi sono ritrovata in pieno con la versione che tu hai fornito.
Sono rimasta sorpresa ed estasiata – sì, letteralmente – dal profilo di Sugawara, che è stato senza dubbio il tuo personaggio migliore. Si riscontrano in lui tutti gli atteggiamenti tipici del personaggio principale, mischiati a quella distopia di cui sei maestra: la dedizione al limite dell’ossessivo per l’amico Asahi, il malessere che cerca di mascherare senza però riuscirci del tutto, l’amore viscerale per Kyoko, l’odio per non riuscire ad andare avanti, accompagnato a queste stratosferiche descrizioni dell’Old Fashioned che ho apprezzato tantissimo. Insomma, un personaggio positivo sulla superficie, ma che cela in sé un insieme di emozioni irrisolte e sgradevoli, quasi fosse un ossimoro della storia stessa.
Asahi, al contrario, è un personaggio che si riscopre ogni giorno, ed ogni giorno si dimentica. È il copione trito e ritrito di un’esistenza significativa ed insignificante, un uomo che ha perso la memoria e che ogni settimana la riacquista, finendo inevitabilmente per soffrire. La presenza di Noya, una costante nella sua vita, non fa che accentuare questa oppressione che il lettore prova quando legge i paragrafi dedicati a lui, e non ho potuto fare a meno di farmi assalire dai dubbi sin dalla prima volta che ho letto dell’incidente. Per non parlare poi di come Asahi continui ad inviare messaggi sulla segreteria di Yu, senza però ricevere mai risposta – quel te lo prometto, l’ho percepito come una specie di cazzotto in gola ogni volta, concedimi la colorita espressione! Asahi, nel suo limbo di un’amnesia che si cura con sé stessa e lo fa ritornare sempre al punto di partenza, è un personaggio che dal negativo passa al positivo, ad una risoluzione che non v’era mai stata prima, ad un passo dalla consapevolezza di sé stesso, prima di un finale che definirei scioccante. Davvero, altri termine per definirlo non mi vengono in mente, sono rimasta mezz’ora seduta sulla sedia a rileggerlo, ma niente. Pura poesia, perfetto per questa storia, grandiosa.
Shimizu, infine, una figura che personalmente non ho fatto altro che odiare dall’inizio alla fine della storia. Per un istante mi sono persino dimenticata che questo fosse un giudizio, avrei volentieri usato parole ben più oscene per definirla, salvo poi riscoprirla nell’ultimo capitolo, con un passato non ben noto, ma che appare chiaro nelle ultime righe dedicate a lei; la sua continua ricerca di Suga ed il suo allontanarsi, l’indecisione, la rabbia, la frustrazione per quell’Old Fashioned al sapore di menta e quella splendida frase sulla menta che appanna tutti gli altri sapori, ho trovato il tutto davvero molto evocativo e ben descritto, il lettore riesce facilmente ad immedesimarsi in queste sensazioni, arrivando persino a giudicarle lui stesso.
La cosa che senza dubbio ho apprezzato di più di questi tuoi personaggi, è la loro precarietà: tutti vivono all’interno di una realtà quasi onirica, muovendo i passi in direzione contraria, salvo poi ripercorrere la strada giusta e poi sbagliare ancora, e ancora. Rappresentano perfettamente i tratti di persone disilluse, tuttavia con la straordinaria capacità di ricordarsi come si sogna, anche se appare loro impossibile. E, concedimelo, hai avuto una sensibilità particolare per la storia di Asahi, trattando la sua amnesia come qualcosa di vivido e realistico, senza lasciarti assorbire da quelle storie trite e ritrite dove alla fine il protagonista riacquista la lucidità e sfocia in un mare di sterile banalità. Davvero, sono rimasta colpita da questo tuo modo di descriverlo, complimenti.
Non saprei cos’altro dire, se non che sei stata bravissima!

- Utilizzo del cliché: 15/15
Non so come si possa dire senza risultare sgrammaticati, ma hai “sclicheato” un cliché! Non so bene come definirlo in altro modo, ma sei stata a dir poco superba. Perché il cliché c’è tutto, ti soffermi spesso sull’America, sul ricominciare, sulle opportunità da cogliere al volo che, in una cornice così distopica, cozzano terribilmente con l’ambiente in cui si muovono i protagonisti. Un bisticcio che ho trovato perfettamente in linea con la tua storia: hai personalizzato il cliché, rendendolo parte integrante della storia, ma senza strafare, impiegandolo nei punti giusti. L’America è un mondo che viene idealizzato persino in questa storia, salvo poi ritrovarsi all’interno dell’appartamento di Asahi e Sugawara, nel bar dove Sugawara s’incontra con Kyoko, nello studio dello psichiatra, e al lettore viene spontaneo chiedersi: Ma è davvero così figa, questa America?
Forse l’America è davvero figa, se la pensi così. Ma non i tuoi personaggi, quelli no, perché sono inconsciamente consapevoli che la loro è stata solo una fuga, dal dolore, dall’incomprensione, dallo sbaglio, dall’angoscia.
Ho apprezzato moltissimo il modo in cui hai scelto di rendere il cliché, che forse risultava azzardato, ma per una what if di questa portato è stato sicuramente la scelta migliore.
Anche qui, cara Bessie, i miei più sinceri complimenti.

- Gradimento personale: 5/5
Va bene, diciamo che sarebbe stato un po’ assurdo decantare la tua storia in lungo e in largo e non darti pieno punteggio su questo parametro. È stata una delle mie preferite, per un motivo semplicissimo: è una storia che parla di realtà, di qualcosa di vero. Intrisa di tante emozioni che normalmente la gente rifuggirebbe, ma che io adoro – da grande amante dell’angst non poteva che essere così.
Tu, in particolar modo, secondo me hai una capacità di soffermarti su alcune emozioni che a volte risultano difficili da descrivere. Solo leggendo le tue storie, mi rendo conto dell’incredibile sensibilità con cui tratti certe tematiche, avendo un profondo rispetto per ciò che scrivi, e questo ti rende una scrittrice davvero incredibile, oltre che in gamba.
Mi vorrei soffermare, infine, su ciò che ho trovato più d’effetto in questa storia, il particolare che mi ha piacevolmente spiazzata: il nostro amatissimo Nishinoya sorridente, nel suo bel completo. Ti giuro, per me è stato un tuffo al cuore, hai descritto in brevissime frasi tutta la sua personalità, la sua raggiante voglia di vivere, la prorompenza, persino l’attimo in cui tutto finisce è stato come un raggio di sole spentosi all’improvviso. Una scena che mi ha fatto venire la pelle d’oca.
Brava, brava, brava. Una delle migliori storie mai lette nel fandom, complimenti!

Totale: 38.5/40
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00mercoledì 19 maggio 2021 02:04
2° Classificata - IL BAR DEL SOLE DI JURIAKA

- Grammatica e stile: 9.5/10
Grammaticalmente ho notato dei piccoli errori, frutto soprattutto della battitura e forse anche un po’ dovuto all’impaginazione, comunque sia nulla di serio da compromettere la lettura:
[…] ma perché, i domanda Atsumu […] Errore di battitura, si. -0.10
[…] ‘’quello più grande all’angolo! Sì, esatto proprio quello! […] Mancano gli apici finali. -0.10
[…] strapparsi la pelle di dosso a morsi.. […] Presenza della doppia interpunzione, ma è un evidente errore di battitura. -0.10
[…] Potrebbe scalare l’everest […] il nome proprio del monte si scrive con la maiuscola. -0.10
[…] laurearsi in astrofisica e per poi essere […] La congiunzione e, in questo, deve essere omessa per via di quel per che introduce la proposizione finale. -0.10

Lo stile, invece, è magnifico. Sebbene si tratti di una storia dalla trama semplice, hai usato dei termini davvero perfetti per indicare le sensazioni, le descrizioni, che sono puntuali e mai banale. Le sequenze narrative, quelle dialogate e persino i pensieri fuori campo presentano un adattamento perfettamente in linea con lo svolgimento della storia, non appesantiscono la lettura e rendono tutto molto fluido. Ma la cosa più interessante dal punto di vista stilistico, ciò che mi ha colpita di più, è stata la precisione con cui hai scelto di introdurre i vari incisi, con i pensieri dei protagonisti che prendono vita all’interno della storia, il vocicchiare delle persone del bar, infine il narratore che ogni tanto fa capolino da questi incisi per giocare un po’ al gioco degli equivoci. A volte il loro utilizzo può in qualche modo compromettere la lettura, ma in questo caso è stato semplicissimo seguire il filo del discorso senza perdersi all’interno di essi.
Bravissima!

- Caratterizzazione dei personaggi: 10/10
Ci sono talmente tante cose che vorrei dire, che penso comincerò dalla più banale. E davvero, quello che sto scrivendo lo penso, quando dico che secondo me nessuno delinea Hinata meglio di te, nessuno. È PERFETTO: è il nostro amatissimo pel di carota sorridente e raggiante, e persino in questa storia possiede un IC davvero spaventoso, al limite dell’iperrealismo. Più leggevo e più mi sembrava di trovarmi all’interno del bar del sole, come una piccola mosca che si gode lo spettacolo in un piccolo angolo appartato.
E Shouyou in questa storia mostra tante cose, è adorabilmente impacciato eppure rimane sempre fedele a sé stesso, per non parlare del lungo discorso sulle poche cose che lui non può cambiare, che mi ha stretto il cuore in una morsa letale: non c’è fuga, non c’è talento, non c’è fatica che possa competere con la morte, con l’ineluttabilità del destino, e ho apprezzato moltissimo l’idea che tu possa aver introdotto un argomento così profondo in una storia così leggere. Insomma, è qualcosa che dà molto da pensare, e soprattutto fa sì che Hinata mostri l’aspetto più umano di sé, quello che lo rende “uguale” agli altri.
E frutto di questo pensiero ragionato è sicuramente il tuo Atsumu, il quale appare anch’egli di un IC perfetto. Anzi, se possibile Atsumu è anche più IC d’Hinata stesso, con quella sua ambivalenza di pensiero che lo porta ad essere contemporaneamente preda e predatore, salvo poi fare la fine di quello che si concede più facilmente ad una gaffe che ad un’uscita trionfale – quando inciampa sono tipo morta in due dalle risate.
Hai descritto un quadretto magnifico, prestando attenzione ai particolari, alle emozioni più piccole e le hai rese via via sempre più grandi, giganti: ho adorato il contrasto tra Atsumu che non crede nell’amore a prima vista e Shouyou che, al contrario, ci ha sempre creduto. È stato come vedere le due facce della medaglia, in un turbinio di sensazioni, sentimenti che descrivi e scopri un po’ per volta.
Un grandissimo lavoro, complimenti.

- Utilizzo del cliché: 15/15
Puntualissimo, non v’è che dire. Ovviamente non poteva che essere pieno punteggio, visto il modo con cui hai trattato l’argomento e, soprattutto, come l’hai sviluppato. L’ambivalenza dei due filoni di pensiero, Shouyou che crede all’amore a prima vista e che vive quest’emozione come qualcosa di assurdamente positivo – le farfalle nello stomaco, quel suo oh! così meravigliosamente spontaneo, gli usignoli nella testa, la terra che trema –; dall’altro lato, invece, Atsumu, che non ci crede e che vive questa esperienza quasi come se fosse qualcosa di traumatico, di “non bello”: […]è uno sciame di vespe, quello, altro che farfalle![…] Direi che questa rappresenta senz’altro la frase che più sintetizza questo pensiero, l’incredulità che fa percepire l’innamoramento come qualcosa di negativo, d’impossibile.
Tu, d’altronde, fai molto di più che descrivere semplicemente il momento. Continui ad analizzare la loro relazione, fatta di sguardi, di piccoli gesti, come Shouyou che si accorge che Atsumu non ha messo lo zucchero nel caffè, oppure Atsumu che comprende subito come Hinata stia soffrendo. Insomma, è subito amore, ma non avviene tutto in maniera frenetica, ti prendi il tuo tempo per descrivere in maniera precisa ogni momento, ogni sfumatura – e da entrambi i punti di vista.
È questo che fa l’amore a prima vista: vuoi parlare, ma ti ritrovi a farti mille domande su cosa sia giusto dire, a volte dici cose senza senso e mentalmente bestemmi fin quando ne hai la forza, ogni tanto sbagli, poi riprendi il filo e ricominci. E tu hai descritto tutto questo con una sagacia davvero ben sfruttata.
Bravissima anche qui.

- Gradimento personale: 5/5
Una storia molto bella, sentimentale e fluffosa. Ormai penso che tu sappia come io prediliga l’angst nella sua forma più pura, ma ogni tanto non mi dispiace godermi un po’ di sano sentimentalismo privo di dolore, frustrazione e impotenza. La tua storia, pur nella sua semplicità, apre il cuore e lo fa in punta di piedi, senza esser pretenziosa o altro.
È un modo di guardare alla vita con due paia d’occhi diversi, quelli di Atsumu e di Shouyou, che vedono il susseguirsi degli eventi in maniera del tutto opposta: chi dei due avrà ragione? Forse entrambi, o forse nessuno.
Lasciami poi dilungare due secondi su Kageyama, dicendoti che sei proprio una cattiva persona, perché lo sai, lo hai sempre saputo che quando parli di quell’alzatore sclerotico il mio cuore crolla a pezzi! Perciò ammetto che, forse, hai introdotto una piccolissima porzione angst solo per me, per darmi una stoccata come a scherma!
Per non parlare poi della frase: […]Kageyama. “Adorabile un cazzo'', pensa Atsumu.[…] Lì sono tipo morta per due secondi e rinata.
Davvero una storia incredibile, mi è piaciuta tantissimo.

Totale: 39.5/40
_Vintage_
00mercoledì 19 maggio 2021 02:05
1° Classificata - FORSAKEN DI SOUL MANCINI

- Grammatica e stile: 9.7/10
La grammatica si presenta ineccepibile, tuttavia vi è qualche errorino dovuto alla distrazione che ti segnalo:
[…] Aveva i capelli biondo cenere proprio come i miei, gli occhi grigio-verdi proprio come i miei […] La presenze del secondo proprio come i miei risulta un po’ ridondante e, seppur per un istante, rende un po’ stonata la lettura. -0.10
[…] Mi metteva il voltastomaco […] Le locuzioni italiane impiegate con voltastomaco sono generalmente tre: avere il voltastomaco, dare il voltastomaco o far venire il voltastomaco. -0.10
[…] “Bess, tesoro, ciao!” mi affianco Fanny […] C’è un errore di battitura, affiancò. -0.10

Lo stile è stato fantastico. Come sempre intarsiato di dettagli a cui solo tu potresti pensare – il vinile ascoltato dal lato A, la descrizione del locale, potrei andare avanti per ore –, questo racconto dà piena prova di sé in ogni punto da te narrato: dialoghi, narrazione, attimi descrittivi si susseguono senza dare tregua al lettore, che, seppur non sia una storia che si possa definire corta, si ritrova alla fine senza neanche aver avuto il tempo di comprenderlo.
Un ottimo uso degli incisi, del lessico preciso e mai banalmente dozzinale, eccellente l’utilizzo della punteggiatura che chiarifica il discorso, ottima la partitura dei paragrafi. Ho trovato la storia, dal punto di vista stilistico, forse la migliore di tutto il contest, meraviglioso davvero!

- Caratterizzazione dei personaggi: 10/10
Mettere un punteggio più basso sarebbe stato blasfemo. Questa storia è intrisa così tanto dei suoi personaggi, che persino il più insignificante di loro, in realtà, presenta una psiche piuttosto approfondita.
Parto fin da subito con la descrizione puntuale della mamma di Bess, una donna che delinei attraverso i ricordi che la bambina possiede di lei: una donna incredibile, bella e ribelle, in cui la bambina non riesce a fare a meno di rispecchiarsi – perché si sa, ai figli piace assomigliare al genitore più casinaro. E questa bellezza esteriore, quest’animo indomabile, se dapprima reliquia d’un dolce ricordo, adesso è diventato un dolore insopportabile da gestire, e questo dolore i membri della famiglia lo vivono in maniera del tutto differente.
Il padre, per esempio. Un personaggio che, agli occhi del lettore, appare come un orrendo egoista, incapace di far fronte all’incubo che sta vivendo; pur perfettamente consapevole – o forse neanche – del dolore delle figlie, non riesce ad essere partecipe come dovrebbe, e si ritrova vittima e carnefice di una situazione che, in realtà, non avrebbe mai voluto vivere. Ammetto, mi ha fatto pena più che rabbia, anche se ciò che ha compiuto non è giustificabile.
E poi c’è la tua protagonista, la tua incredibile Bess, con i tremori, la paura, o forse l’angoscia dettata dal suo sentirsi terribilmente sola. Una bambina, che si ritrova ad affrontare tutto questo, abbandonata dalla sua dolce madre, e perfino dalla sorella e dal padre – la prima per occuparsi di lei, il secondo perché ormai preda d’un vizio ben peggiore. E Bess, cosa fa? Prova a crescere. Una soluzione a cui tutti i bambini cercando di andare incontro, ma il tuo personaggio lo fa nel modo più sbagliato, o forse direi più sbagliato per la società: in fondo, che potrebbe mai fare, una bambina lasciata allo sbando?
E qui appare sullo sfondo una seconda possibilità, un modo per ricominciare: l’Alibi. Ti giuro, ho adorato il nome così evocativo, quasi esplicativo della circostanza: perché noi tutti, con i nostri problemi, con i nostri scheletri nell’armadio, ci sguazziamo nei nostri alibi, creandoci seconde opportunità per poter giustificare i nostri sbagli. Ed è evidente che la tua Bess si senta in questo modo, pronta a rinnegare tutto quello che è stata e che adesso le fa schifo, perché le ricorda il dolore, l’angoscia, il terrore. E lascia tutto questo indietro, andando incontro ad un continuo “cercare altro”, nella vana speranza che quel senso d’impotenza possa, un giorno, sparire. Veramente una grandissima caratterizzazione, complimenti.
Spezzo, infine, una lancia a favore di Yelena. Che gran bel personaggio. Forse il mio preferito. Una dedizione incredibile, così ossessiva da portarla addirittura su una strada che forse lei non avrebbe mai voluto intraprendere. E lo fa solo per aiutare la sorella, muovendosi attraverso la disperazione. Un simbolo, che rappresenta speranza e contemporaneamente panico, voglia di ricominciare e macigni che ti fanno rimanere sempre al punto di partenza.
Eccellente caratterizzazione, bravissima!

- Utilizzo del cliché: 15/15
Anche qui, suppongo sia superfluo dirlo, parametro completamente rispettato. Il cliché impiegato era genitori fantasma, e devo dire che più fantasma di così si muore – e mi rendo conto che forse suona un po’ improprio, visto la fine della madre di Bess. Assistiamo a due figure che aleggiano all’interno della storia, ognuna con la propria assenza: la madre di Bess, che permea tutta la storia di ricordi felici, tuttavia – proprio perché sono felici – fanno male, giacché fa sempre male sapere che qualcosa – o qualcuno – non può più tornare. Una figura positiva che però è intrisa di sensazioni, emozioni negative.
E poi c’è il padre, una figura che il lettore non può fare a meno di biasimare, per via della sua noncuranza, del suo egoismo e di quel vizio che lo portano a dimenticarsi persino delle sue figlie.
Questa storia insegna cosa può accadere a qualcuno che si ritrova, ad undici anni, senza punti di riferimento a cui attingere, senza quella pacca sulla spalla che a volte servirebbe solo a dirti che va tutto bene. E lo sa, Bess, che non va tutto bene, perché invece di cercare di spendere tempo a convincere il padre ad esserci, preferisce nascondersi anche lei, dimenticandosi persino di avere ancora una famiglia. I genitori, quei genitori che ha tanto amato, adesso sembrano di una consistenza quasi inesistente. E tutto ciò è accaduto per sbaglio, per un errore, o forse perché il destino aveva stabilito in questo modo.
Bess è il frutto di qualcosa di mostruoso, e questo cliché ce lo dimostra: per un bambino, ad undici anni, possono esistere anche cose più brutte dei mostri nell’armadio.
Perfetta anche in questo caso, complimenti.

- Gradimento personale: 5/5
Questa storia non mi ha fatto stare bene, per niente. Mi ricorda tanto un episodio della mia infanzia – con l’unica differenza che io avevo tante persone che si sono prese cura di me. Riesco a comprendere pienamente ciò che prova Bess, il suo disagio, la sua non appartenenza a niente, perché alla fine è un po’ così che ti senti quando muore qualcuno di così importante: svuotato, e non hai voglia di reagire, almeno non quando sei così piccolo. Vorresti urlare, dire agli altri che sì, c’è qualcosa di tremendamente sbagliato in questo mondo se un bambino, ad undici anni, deve fare a meno di un genitore. Davvero, un racconto spiazzante e orribilmente attuale, che fa affidamento sulla coscienza del lettore per aiutarlo a comprendere una realtà che dovrebbe essere migliore di quella che è.
Ma poi una frase che mi ha fatto sorridere troppo: Era molto affascinante, Ethan. Ethan ed Ives, oddio! Non ci posso credere, quando me li sono ritrovata tra capo e collo stavo per cadere dalla sedia! Si vede che Bess ha buongusto, brava la ragazza!
Insomma, una storia fantastica, Soul, complimenti!

Totale: 39.7/40
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